Just Cause 4 è ignorante, caotico e strafottente, ma ha anche dei difetti – Recensione

La nuova missione di Rico non è delle più entusiasmanti: la recensione di Just Cause 4

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Just Cause 4 rappresenta, per molti aspetti, l’incarnazione perfetta del paradigma di Assassin’s Creed. Quei franchise che, infilatisi in una serie di idee e dogmi da cui non possono uscire, sono costretti a ripetere sé stessi solo inseguendo l’idea di essere più grandi, migliori. Perché di fatto Just Cause 4 non è un titolo scadente di per sé, ma è palese come sia quasi solo la reiterazione di quell’idea di scatola dei giochi per adulti (che poi…) che la serie di Avalanche Studios si porta dietro dagli esordi.

All’inizio, Just Cause era anche una novità interessante. Un progetto discreto, che non puntava certo ad essere annoverato tra i capolavori del medium videoludico, ma che proponeva se non altro un’idea di open world relativamente nuova. Un vero e proprio mondo da dare in mano al giocatore, fatto di armi, azione e libertà di esplorare e muoversi fino a quel momento inedita, proprio come la suddetta scatola piena di giocattoli da dare in mano ai bambini. C’è una storia, un minimo di progressione narrativa, ma l’attrattiva essenziale di Just Cause è sempre stata l’estrema libertà, il caos, e quel di senso di gameplay senza limiti in un mondo aperto.

E Just Cause 4 non fa niente per allontanarsi dai binari, anzi. Si passa da incarichi in cui esibirsi in scene d’azione con esplosioni (vere) per una regista di film d’azione al massacrare chiunque capiti a tiro, anche i civili, perché in fondo i mondi di Just Cause non hanno nessun senso del pudore e nessuno che fermi le azioni di Rico Rodriguez, se non altra gente più squilibrata e guerrafondaia di lui, fino ad arrivare a improbabili esplorazioni di tombe, quando al nostro protagonista interessa solo arrecare danni al dittatore di turno (correlazione tra archelogia e politica criminale non pervenuta, ovviamente).

[caption id="attachment_191786" align="alignnone" width="1280"]Just Cause 4 Una normale giornata di lavoro[/caption]

Just Cause 4 vuole proporre anche una narrativa basata sulle vicende pregresse di Rico (questo è infatti un sequel diretto del terzo capitolo), ma onestamente la storia è talmente cafona, banale ed ignorante che già dopo la seconda cutscene fatta di dialoghi insulsi e stereotipi (molto galvanizzanti, per chi ama i B movie d’azione del decennio scorso) si prova l’impulso di premere un qualsiasi pulsante per saltare il filmato. Lasciate alle spalle le vicende dell’isola di Medici, il nostro si trova sull’isola di Solis e dovrà affrontare un nuovo villain tutto stereotipi e brillante: Oscar Espinoza. Costui ha intenzione di utilizzare l’apocalittico Progetto Illapa per produrre delle alterazioni meteorologiche di proporzioni bibliche, così da soggiogare l’intera isola alla sua volontà.

E badate bene, tutto ciò non deve farvi pensare che Just Cause 4 sia mal realizzato, perché questo è esattamente l’obiettivo di Avalanche Studios. La serie ha avuto sempre questa velleità da action movie senza ritegno, nel quale i massacri sono solo un mezzo per mettere in scena momenti di azione sempre più iperbolici e improbabili. In questo senso, per chi ha amato da sempre il gameplay della serie, questo quarto capitolo è un banchetto a base di testosterone e machismo come pochi.

C’è un mappa grande da visitare, con un sacco di attività da compiere, più o meno belliche, tra acrobazie con i veicoli e vere e proprie guerre di trincea tra l’Armata del Caos e la Mano Nera. In questi casi, Just Cause 4 è effettivamente appagante all’inizio. Grazie ad un gameplay che non ha nessuna intenzione di utilizzare un gunplay un minimo realistico e armi pressoché identiche nella resa (a parte lanciarazzi e lanciagranate) rende l’azione un vero e proprio rigurgito senza soluzione di continuità di proiettili.

[caption id="attachment_191788" align="aligncenter" width="1280"]Just Cause 4 screenshot Svolazzare con la tuta alare è ancora un'esperienza che solo Just Cause offre in modo così divertente, gliene va dato atto[/caption]

Il tutto tendenzialmente funziona, è divertente nell'immediato, ma la ripetitività è dietro l’angolo. In primis, Just Cause 4 spinge il giocatore ad usare il rampino in modo creativo. Uno strumento che è diventato il marchio di fabbrica della serie, e che in questa iterazione torna in formissima, tra booster, sollevatori e riavvolgimenti con i quali si può interagire con la maggior parte delle cose che si parano di fronte al “Da Vinci della violenza” protagonista. Il problema è che, al netto delle possibilità offerte dal rampino, in realtà non si ha lo stimolo di utilizzarlo parecchio se non per puro divertimento, visto che Rico è spesso un commando in grado di subire un quantitativo di danni esorbitante e di infliggerne altrettanti e la soluzione più veloce di tutte è spesso fare una carneficina con l’arma più potente a disposizione.

"Just Cause 4 propone una progressione di gioco tipica da open world, vista e rivista, senza alcun tipo di peculiarità"Just Cause 4 propone una progressione di gioco tipica da open world, vista e rivista, senza alcun tipo di peculiarità. La mappa di Solis è divisa in aeree, le quali possono essere sbloccate tramite il completamento di una singola missione, e via così fino all’estensione completa del mondo di gioco. Missioni che seguono sempre lo stesso iter, fatto di attivazione di un marchingegno di qualche tipo, pannello di controllo, o comunque qualsiasi pretesto atto a creare una situazione per cui Rico dovrà resistere a delle ondate di nemici di vario tipo, che siano soldati a piedi, droni, elicotteri, carri armati o altro. Per niente esaltante nella maggior parte dei casi, anche perché la difficoltà spesso oscilla da estremi molto facili a molto difficili, ed è quasi una fortuna che l’intera avventura non sia così longeva, perché la si potrà completare in una ventina di ore.

Ci sarebbe anche l’Armata del Caos, ovvero le forze di pazzoidi ribelli che seguono Rico, le quali possono ottenere dei livelli di potenziamento in base alla distruzione portata dal nostro protagonista, che possono essere spesi per conquistare il fronte di nuove zone della mappa, ma è una meccanica talmente blanda e poco incisiva che ci si dimentica quasi della sua esistenza. Neanche le osannate condizioni metereologiche estreme - il selling point di questa iterazione della serie - lasciano il segno, perché pur spettacolari che siano (davvero, esteticamente sono notevoli), una volta superate le relative sezioni della storia che le vedono protagoniste non hanno più nessun impatto nel gioco, se non che possono essere richiamate a piacimento con l’unico obiettivo di scatenare del caos gratuito sulla mappa.

[caption id="attachment_191787" align="aligncenter" width="1280"]Just Cause 4 screenshot Certi panorami sono davvero notevoli. Un po' meno su console[/caption]

La nota dolente, con la quale chiudiamo l’analisi di Just Cause 4, è quella tecnica. La produzione di Avalanche Studios è ambiziosa, e la versione PlayStation 4 che abbiamo provato mostra tutti i limiti di un lavoro non ottimizzato. Le cutscene occasionalmente oscillano pericolosamente intorno ai 30 frame per secondo e durante il gioco, sebbene si possa godere di panorami a volte davvero mozzafiato, intorno al protagonista c’è una sgranatura dei modelli poligonali spesso molto evidente, con texture che appaiono e scompaiono oppure che si abbassano improvvisamente di qualità anche su elementi molto vicini alla telecamera. A fronte di un mondo di gioco che non subisce mai un caricamento, grazie ai muscoli dell’engine Apex, ci sono tutti quei piccoli problemi che, messi insieme, restituiscono l’impressione di un lavoro poco rifinito, come piccoli bug legati alla fisica, personaggi secondari che si muovono un po’ così ed un mondo di gioco che spesso ripropone gli stessi pattern più che evidenti di edifici, vegetazione e composizione degli scenari.

Quindi, Just Cause 4 è esattamente l’emblema della squadra che non si cambia quando vince, ma il problema è che i giocatori possono diventare vecchi e stanchi, e lui con loro.

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