Jumper


Un giovane ha il potere di teletrasportarsi e lo utilizza per arricchirsi. Fino a quando non iniziano i problemi. Notevole idea di partenza, pessima e noiosa esecuzione pratica...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloJumperRegiaDoug LimanCast

Hayden Christensen, Jamie Bell, Rachel Bilson, Samuel L. Jackson, Diane Lane, Michael Rooker

Uscita29 febbraio 2008

Molto spesso, è utile confrontare la differenza tra le aspirazioni di un regista, attraverso le sue dichiarazioni, e i risultati effettivi sullo schermo. Doug Liman, regista che trovo sopravvalutato (ha fatto bene in The Bourne Identity, Swingers era il classico prodottino indipendente senza grandi idee, mentre su Mr. e Mrs. Smith meglio autocensurarsi), aveva infatti alcuni obiettivi. Uno era ovviamente quello di creare dei personaggi accattivanti per i loro coetanei, in quanto dotati di un potere che tutti vorrebbero avere. Fin qui, nulla da dire, chi non vorrebbe girare il mondo alla velocità del pensiero e magari arricchirsi senza lavorare? Peccato che i due protagonisti siano degli idioti, caratteristica che non aiuta molto l'identificazione (almeno, è difficile ammetterlo). Insomma, il personaggio di Christensen abusa del suo potere, si fa vedere nelle banche che rapina, all'improvviso diventa ricchissimo e abita in un lussuoso attico e cosa gli dice il Paladino-Samuel Jackson quando lo incontra? "Erano otto anni che ti cercavamo". Ma quali otto anni, un imbecille del genere non durerebbe otto giorni comportandosi in questo modo. Si dirà, non sapeva quali erano i rischi a cui andava incontro, il personaggio di Jamie Bell è assolutamente diverso. Scusa che va bene solo in parte, perché se è vero che quest'ultimo si nasconde nel deserto per non farsi trovare, ci si chiede ancora di più come Christensen sia riuscito a non farsi notare per tutto questo tempo mettendosi così in evidenza. E poi, tanto per dimostrare che sono due persone intelligenti, cosa fanno quando stanno a Tokyo? Rubano una macchina e si scatenano in un giro folle per le strade della città sfruttando al massimo i loro poteri. Niiiiice, direbbe qualcuno...

Non si capisce poi quale sia l'evoluzione del protagonista (che da menefreghista dovrebbe iniziare a preoccuparsi degli altri) di cui parla Liman. In realtà, la sua è una lotta per la sopravvivenza contro i temibili Paladini e l'unica persona di cui si preoccupa è la sua amata (non proprio l'emblema dell'altruismo disinteressato). Peccato che la coppia Christensen-Bilson non funzioni per niente, anche grazie alla generale inespressività dei loro volti.
E il personaggio di Samuel L. Jackson? Oltre ad avere dei capelli allucinanti (vorrei sapere chi ha avuto questa 'brillante' idea), dovrebbe rappresentare (almeno secondo il regista) non un malvagio, ma una persona convinta realmente di fare il bene dell'umanità eliminando persone dotate di poteri straordinari e potenzialmente pericolosi. Quale modo migliore di mettere in evidenza questa caratteristica (che sarebbe stata molto interessante) che il fatto di mostrarlo mentre uccide a sangue freddo un saltatore squartandolo con un coltellaccio e con un'espressione compiaciuta sul volto? Niiiice anche qui.

E poi, giustamente il regista sostiene che, in pellicole del genere, a parte l'elemento sovrannaturale, tutto il resto dovrebbe essere assolutamente credibile per lo spettatore. Probabilmente, Liman è convinto che quando un personaggio ricompare dopo otto anni in cui si pensava che fosse morto, è normale che la sua amica del cuore non gli chieda spiegazioni esaurienti. Allo stesso modo, si ritiene opportuno mostrare una scena in cui Christensen, dopo aver combinato un pasticcio, si lamenta con una persona (finita in galera per colpa sua e completamente innocente) dei problemi che gli ha creato. Si lamenta lui? Pazzesco. E il personaggio di Diane Lane? Dovrebbero essere credibili le motivazioni per cui ha lasciato il figlio? Ma per piacere...

In tutto questo, mettiamoci anche delle immagini non all'altezza dei luoghi e dello spettacolo che ci venivano promessi, con i vari Colosseo, Piramidi e deserto che sembrano della cartoline senz'anima.

Rimangono poi grossi dilemmi esistenziali-filosofici sulla vicenda. Tipo: come ha fatto uno come Michael Rooker a sposare Diane Lane? E come si fa a raccontare ancora la favola del budget fermo a 85 milioni di dollari con tutti questi effetti speciali, gli spostamenti in una decina di nazioni diverse e soprattutto i ritardi (un marchio di fabbrica della ditta Liman) nella lavorazione?
Dubbi che, come molti altri, potrebbero essere risolti con un sequel. Ma dal calo nel secondo weekend americano non ci spererei troppo...


 

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