Jumanji - The Next Level, la recensione

In un tentativo di replicare le componenti più adrenaliniche del primo film, Jumanji - The Next Level perde ciò che lo rendeva interessante

Critico e giornalista cinematografico


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JUMANJI: THE NEXT LEVEL, DI JAKE KASDAN: LA RECENSIONE

Jumanji - Benvenuti Nella Giungla tradiva praticamente tutto del film originale per fare un racconto completamente diverso. Jumanji - The Next Level tradisce buona parte del film precedente per cercare di replicarne e ampliarne solo alcuni aspetti. Ed è esattamente in questo passaggio qui che si perde il senso ultimo del film.

Se il precedente aveva il fine di essere una commedia adolescenziale d’azione, un po’ The Breakfast Club, un po’ Indiana Jones, questo non è niente. L’impressione più forte vedendolo è che siano state concepite prima le scene d’azione e poi si sia pensato a come assemblarle per poterle mostrare una dopo l’altra. Tanto sono slegate che è complicato ricordarsi esattamente la trama e le ragioni delle varie peregrinazioni una volta usciti dalla sala.

Ancora ancora però tutto questo potrebbe reggere se effettivamente Jumanji - The Next Level sposasse questa sua natura puramente d’azione. Ma non lo fa. O meglio: non lo fa a dovere. Perché l’azione è realizzata con ben poca inventiva e non ha nessuna narrazione dentro di sé. I personaggi sono presi da problemi e devono realizzare il proprio obiettivo contro il grande villain, tuttavia le singole scene non presentano questioni che avanzano proprio in virtù di quel che fanno i personaggi. Sono semplicemente singoli sketch isolati, non appassionanti narrativamente (anzi vale la pena essere più precisi: narrativamente nulli) e non un vero spettacolo. Più che altro una riproposizione noiosa di punti d’inquadratura, montaggi e eventi di altri film.

Questo procedere meccanicamente, senza nessuna inventiva, si rispecchia anche nell’intreccio che aggiunge due personaggi per non aggiungerne nessuno. Perché i due nonni ringiovaniti dai corpi di Jumanji non cambiano la storia né gli aggiungono niente, sono altri due giocatori a cui i più esperti spiegano certi funzionamenti, ma non innescano dinamiche differenti, non creano un interesse nuovo. Solo altre gag che sbilanciano gli equilibri tanto che i punti di forza del primo (la forza di Jack Black, la presenza di Dwayne Johnson) ne escono ammaccati e annacquati. E piange il cuore a vedere Danny De Vito (a cui se levi il corpo levi tutto) privato di una possibilità di brillare davvero.

Unica a farsi notare è Awkwafina, rapper sino-americana da tempo attrice con crescente successo, e bravissima. Cerca di fare davvero qualcosa con il proprio personaggio ma è poco di fronte all’evidente mancanza di prospettive degli sceneggiatori.
Alla fine, addirittura, il regno di Jumanji si allontana da quel terribile luogo maledetto, mortale e spaventoso in cui si viene risucchiati. Dal film originale a questo terzo siamo passati da una concreta paura di morire e non tornare mai più a casa, a un luogo pieno di bei ricordi in cui i cavalli alati volano sereni e felici.

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