Judy Blume per sempre, la recensione

In una confezione esclusivamente celebrativa, Judy Blume per sempre è un ritratto convenzionale di una figura anticonvenzionale

Condividi

La nostra recensione di Judy Blume per sempre, disponibile dal 21 aprile su Prime Video

Una confezione convenzionale può appiattire persino le figure più anticonvenzionali. Così fa il documentario Judy Blume per sempre nei confronti di Judy Blume, scrittrice statunitense molto nota in patria. A lei si deve, a partire dagli anni '70, lo sdoganamento di temi come la masturbazione, le mestruazioni e il sesso in libri per pre-adolescenti che prima leggevano solo cose edulcorate e lontane dalla realtà, mentre nelle sue pagine si possono invece identificare con precisione. Un'anticipatrice dell'emancipazione femminile, di una maggior consapevolezza di sé di ragazzine e donne. Se l'obiettivo del film era creare interesse verso l'autrice (soprattutto nel panorama internazionale, dove è meno conosciuta) non si può certo non dire che questo sia raggiunto: l'importanza e il ruolo sociale, oltre che letterario, di Blume emerge con forza. Ma se invece consideriamo il prodotto a se stante, il risultato non è affatto soddisfacente.

L'opera è infatti quanto più smaccatamente celebrativa, un inno a Blume a cui prende parte lei stessa e un coro di persone chiamate a fornire un commento tanto appassionato quanto poco profondo. La trama si concentra sulla sua vita privata e pubblica, sull'importanza dei suoi romanzi per le nuove generazioni, sulla lotta contro la censura durante la Presidenza Reagan e sugli inevitabili richiami alla stretta contemporaneità. Argomenti molto forti, che però perdono verve nel contesto in cui sono inseriti.

Per gran parte del tempo è la stessa Blume ad essere il centro della storia, raccontandosi in prima persona. Per il resto, sentiamo amici, parenti e soprattutto colleghi, tra cui la regista/sceneggiatrice, Lena Dunham, che non fanno altro che ribadire quanto sono stati influenzati dalla scrittrice. Centrale è inoltre la corrispondenza tra quest'ultima e i suoi lettori, che le espongono i propri problemi e le chiedono un aiuto. Così, ad essere celebrato è anche il potere della letteratura stessa, con un'urgenza di urlarlo e sottolinearlo che implicitamente ammette quanto oggi quello di Blume sia un caso più unico che raro. Tutto questo intervallato da filmati d'archivio (molte vecchie interviste) e brevi intermezzi animati in cui la voice over legge alcuni passaggi dei suoi romanzi. Non mancheranno infine neanche degli interventi di giovanissimi lettori di oggi, che ribadiranno l'imperitura attrattiva dell'autrice. Ma a forza di ripetere massime ed elogi, si finisce per minare l'attenzione e il coinvolgimento.

Nel suo essere monodimensionale, Judy Blume per sempre non propone infatti nessun livello di approfondimento ulteriore ed esaurisce tutte le sue carte nella prima mezz'ora. Il tema della creatività si riduce a "scrivere mi ha aiutato a superare i traumi", la dimensione storica resta sullo sfondo, non c'è alcuno spazio per il contradditorio. Tanto quanto la sua protagonista si rivela interessante, tanto meno lo è il film a lei dedicato.

Continua a leggere su BadTaste