Judgment, una detective story tra pedinamenti, indagini e scazzottate tra gentiluomini – Recensione

Judgment è un action con ambizioni open world intrigante, curatissimo sotto il profilo narrativo, coinvolgente soprattutto quando c’è da stendere qualche malintenzionato

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Chiamarlo spin-off, visto concept e meccaniche di gameplay di cui si alimenta Judgment, è forse eccessivo, epiteto certamente più consono quando si considera la trama e i protagonisti tirati in ballo, inediti e slegati dall’intreccio narrativo che ormai da decenni tiene viva il fortunato ed apprezzatissimo brand di SEGA.

Nonostante lo sforzo evidente di Ryu Ga Gotoku Studio di inventarsi qualcosa di realmente nuovo ed unico, che rendesse effettivamente diverso l’approcciarsi e il fruire della loro creatura rispetto al solito, duole sottolineare come sia proprio l’ambito investigativo, vera novità del gioco rispetto alla tradizione, la parte più deludente e meno convincente di tutto il pacchetto, offerta comunque allettante e sopra la media.

All’inizio della storia, il buon Takayuki "Tak" Yagami non è altro che un abilissimo avvocato. Sconvolto dalla consapevolezza di aver scagionato un vero killer, che fresco, fresco di udienza andata a buon fine, decide di festeggiare uccidendo la sua fidanzata e dando fuoco alla sua abitazione, l’avventura vera e propria si avvia tre anni dopo l’accaduto, quando il nostro ha deciso di rinunciare all’attività forense, reinventandosi detective privato insieme all’amico di vecchia data, nonché ex-membro della Yakuza, Kaito.

[caption id="attachment_197411" align="aligncenter" width="1000"]Judgment screenshot Graficamente, fregiandosi del portentoso Dragon Engine, Jugdment se la cava alla grandissima, soprattutto per quanto concerne espressioni facciali e gestione dell’illuminazione[/caption]

Sebbene l’incipit non brilli particolarmente per originalità, quello imbastito dagli sviluppatori si rivela ben presto un intreccio denso di colpi di scena, puntualmente rinvigorito da sconvolgenti rivelazioni, vivacizzato da un cast sfaccettato, ottimamente caratterizzato. Come se non bastasse, quello che diventerà il caso principale di Tak, scoprire cosa stia causando l’escalation di criminalità ed efferati omicidi che stanno sconvolgendo la già “movimentata” vita del quartiere Kamurocho, ben si amalgama con i tanti incarichi secondari che, uno dopo l’altro, il detective sarà chiamato a risolvere.

"Se la maggior parte degli scontri non disdegnano completamente un po’ di sano button mashing, quelli con i boss vi costringeranno a prendere il tutto molto più sul serio"La bontà della narrazione, per assurdo, si conferma proprio in queste missioni di contorno, mai scontate, superficiali, chiaramente messe lì per fare numero. Anche quando si tratterà di pedinare un marito fedifrago, vi interfaccerete con personaggi dal background intrigante e, in alcuni casi, addirittura scoprirete ulteriori dettagli utili alla risoluzione del caso principale.

L’ottima sceneggiatura, fa il paio con una regia digitale coinvolgente e coreografica al punto giusto, soprattutto quando si tratterà di introdurre i combattimenti, fulcro attorno al quale, fortunatamente, ruota buona parte del gameplay di Judgment.

A conferma che siamo pur sempre di fronte ad un capitolo di Yakuza, spesso e volentieri Tak dovrà dedicarsi a qualche scazzottata sia contro gruppi di teppisti che lo prenderanno di mira, sia per risolvere e concludere le indagini che sta conducendo. Il combat system è quanto mai stratificato e profondo, tanto più che le tecniche da apprendere, spendendo punti esperienza accumulati, sono davvero moltissime. Se le Tecniche EX non sono altro che potenti e spettacolari finisher, a caratterizzare i combattimenti ci pensano i due stili, intercambiabili in qualsiasi momento, che facilitano l’ex-avvocato ora contro interi gruppi di nemici, con i calci rotanti della Gru, ora la lotta 1vs1, grazie ai potenti pugni della Tigre.

Se la maggior parte degli scontri non disdegnano completamente un po’ di sano button mashing, quelli con i boss vi costringeranno a prendere il tutto molto più sul serio, visto che in certi casi potrete subire ferite che solo rivolgendovi ad uno specialista potranno essere completamente rimarginate.

Come da tradizione, tuttavia, la maggior parte del tempo la passerete girovagando per le scintillanti strade di Kamurocho, sempre a caccia di qualche attività secondaria a cui dedicarvi. Tra cabinati che propongono piccoli giochi nel gioco, locali dove acquistare manicaretti succulenti e QR Code, generosi di bonus, da scovare utilizzando un drone che può librarsi per diversi metri dal suolo, la varietà di passatempi offerti non raggiunge la stessa ampiezza di un capitolo qualsiasi di Yakuza, ma rappresentano comunque una validissima e graditissima aggiunta, vero e proprio quid che, da sempre, rende tanto unica e speciale la produzione di Sega.

Come anticipato, purtroppo, Judgment convince molto meno quando Tak è chiamato a svolgere le indagini vere e proprie, momenti in cui il gameplay palesa un’arretratezza e una mancanza di freschezza preoccupante. Gli interrogatori, per esempio, non prevedono variazioni al sentiero preimpostato dagli sviluppatori. I pedinamenti sono semplicemente noiosi e tutt’altro che credibili. Gli inseguimenti si risolvono in una serie di quick time event che, per quanto spettacolari, alla lunga stancano. Anche la ricerca di indizi e sospettati si risolve con l’individuazione dell’hotspot di turno, muovendo un cursore in giro per lo schermo.

[caption id="attachment_197412" align="aligncenter" width="1000"]Judgment screenshot Tra i tanti cabinati con cui potrete intrattenervi, spicca Kamuro of the Dead, sparatutto su binari a tema zombie[/caption]

Nonostante queste sezioni certamente meno ispirate e sicuramente tutt’altro che irresistibili, Judgment si rivela un action con ambizioni open world intrigante, curatissimo sotto il profilo narrativo, coinvolgente soprattutto quando c’è da stendere qualche malintenzionato. È uno spin-off di Yakuza che modifica davvero poco la collaudata formula che alimenta la creatura di Sega, ma va benissimo così, tanto più che il nuovo protagonista è al centro di una vicenda appassionate e vive in una metropoli quanto mai vivace e piena di punti d’interesse.

Non convincerà gli storici detrattori della saga, ma senza alcun dubbio farà la felicità dei fan di lunga data. Inoltre, essendo completamente slegato agli altri capitoli, darà la possibilità ai neofiti di appassionarsi ad un’emozionante detective story nipponica.

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