Judas And The Black Messiah, la recensione

Pensato per veicolare ideali e importanza delle Pantere Nere, Judas And The Black Messiah ha in un personaggio bianco il suo punto di forza

Critico e giornalista cinematografico


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Judas And The Black Messiah, la recensione

Bisogna in ogni maniera prevenire l’arrivo di un messia nero”: così J. Edgar Hoover all’inizio di Judas And The Black Messiah mette in chiaro i termini del conflitto. Ad interpretarlo, sotto chili di trucco, è Martin Sheen. La stessa persona che per 7 anni è stato il migliore dei presidenti degli Stati Uniti possibili in West Wing, qui è il braccio oppressore dello stato che tramite l’FBI monitora, sorveglia, reprime e commissiona omicidi. Nonostante Judas And The Black Messiah sia apertamente un film di lotta, dalla parte delle Pantere Nere e anzi intenzionato a riequilibrare la storiografia in merito, dando al movimento la dignità dei propri ideali e la statura di un film a sé dedicato, lo stesso è l’FBI ad uscirne protagonista.

I due poli di tutto il film, il messia nero Fred Hampton, leader carismatico di un movimento non solo finalizzato alla riscossa armata afroamericana ma anche alla lotta al capitalismo, e Giuda, ovvero Bill O’Neal talpa che ben presto nel film l’FBI impiega per infiltrare le Pantere Nere e che sarà informatore per decenni, sono figure impalpabili. Nonostante ad interpretarli ci siano due degli attori afroamericani più importanti del momento, cioè Daniel Kaluuya (Scappa - Get Out) e LaKeith Stanfield (Sorry To Bother You), le loro reali figure sono o un santino agiografico, come è per Fred Hampton (pura mitologia mai scalfita dall’umanità) o un figura grigia e invisibile nel turbine della storia, come Bill O’Neal. In particolare quest’ultimo sarebbe il vero protagonista, il personaggio con cui siamo chiamati ad empatizzare, quello tramite il quale il film cala il pubblico nel mondo della lotta delle Pantere Nere e quello infine il cui dilemma tra convenienza personale e ideali siamo chiamati a sentire come nostro. Ecco lui è incredibilmente marginale, vuoto, inconoscibile. Attraversa la storia giocando un ruolo cruciale con responsabilità mastodontiche e contrasti interiori forti, ma lo stesso appare sempre come un osservatore esterno.

Judas And The Black Messiah è un film sulle Pantere Nere, non ci sono dubbi, ne racconta contrasti e asperità, durezza e violenza, lotta armata, dubbi, fatiche e soprattutto ideali, eppure Shaka King che il film l’ha diretto e anche scritto assieme a Will Berson, sembra fare di tutto per tirarsi fuori dalla lotta. Non che il racconto sia imparziale, anzi è fieramente partigiano, ma quando è il momento di affondare con i contrasti e dare una lettura delle due figure metaforiche del titolo (il messia e il Giuda) non ha il coraggio di affrontare le vere contraddizioni. Non trova innanzitutto nei veri fatti un conflitto che non sia quello più evidente tra lotta armata e desiderio di vivere e avere figli, tra sopravvivenza come informatore e vicinanza alle persone su cui si deve spiare, che poi è quello che anima qualsiasi altro film sul tema. E cosa ancora più grave non trova mai un modo di prendere questa storia così poco raccontata e farne un manifesto culturale, non trova né la capacità iconica di trasfigurare fatti e persone vere in mito del cinema, né la durezza dell’avere a che fare con la storia.

Alla fine quello che rimane è un ritratto in tutto e per tutto convenzionale di un leader e un traditore, fatto e pensato per assomigliare agli altri ritratti così che sia riconosciuto alla stessa altezza dei biografici più tradizionali. Paradossalmente poi la parte meno convenzionale del film riguarda un personaggio bianco. L’agente dell’FBI di Jesse Plemons, l’uomo che ha reclutato e gestito la talpa nelle Pantere Nere, è un capolavoro, un uomo che ha tutta la viscida arroganza del potere bianco e il fare bullo dell’autorità ma che continuamente capiamo possedere queste caratteristiche per convenienza, un uomo che nasconde qualcos’altro di più soffice sotto un muro di convenzioni, lavoro e ideali che il proprio ruolo gli impone di nascondere a tutti (ma non alla videocamera). Jesse Plemons lo interpreta lanciando sassi e nascondendo mani, mettendo un dito nell’acqua e tirandolo subito indietro, alzando un sguardo e svelando un mondo.

Sei d'accordo con la nostra recensione di Judas And The Black Messiah? Scrivicelo nei commenti dopo aver visto il film

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