Joker: Folie à Deux, la recensione: la New Hollywood non è più solo una posa
La recensione di Joker: Folie à Deux, il sequel del film di Todd Phillips con Joaquin Phoenix e Lady Gaga presentato all’81a Mostra del Cinema di Venezia.
In Joker: Folie à Deux Lady Gaga entra in scena con il celebre gesto della pistola alla tempia, quello che Travis Bickle faceva in Taxi Driver e che Joker (2019) riprendeva nel suo omaggio/ricalco scorsesiano. Arrivati a fine film si ha l’impressione che a compierlo, quel gesto, sia anche Todd Phillips. Per un contrappasso incredibile, il seguito del film più calibrato (qualcuno direbbe paravento) degli ultimi dieci anni rinnega completamente la principale caratteristica del suo successo: la semplicità. Tanto era compatto, focalizzato, monodirezionale Joker nel suo accumulo di vessazioni che piovevano sul povero Arthur Fleck (Joaquin Phoenix) fino a esplodere in un climax inquietante quanto obiettivamente catartico, così Folie à Deux è slabbrato, involuto, quasi confuso sulla direzione spettacolare da prendere. Ci vuole un bel coraggio a lasciare la strada sicura.
L’azzardo di Joker: Folie à Deux, che lo fa pendere molto più verso un’idea di cinema arthouse, è di non trattare lo spettacolo come un obiettivo retorico, ma (più radicalmente che nel primo capitolo) come un tema da sviscerare in modo cerebrale. Gaga/Harley Quinn, che nel film si innamora di Arthur, è – abbastanza letteralmente – una fan del primo film. “Quel tv-movie che hanno fatto su di te” è palesemente Joker, e Harley (continuamente paragonata alle groupie di serial killer come Ted Bundy) è altrettanto chiaramente quella parte tossica di fandom che non riesce a prendere le distanze da Arthur finendo per idolatrarlo. È come se Fincher o Mary Harron facessero un Fight Club/American Psycho 2 in cui Tyler Durden e Patrick Bateman incontrano i propri fan fascistoidi.
È bellissimo che Joker: Folie à Deux abbia dentro questa complessità. Ma a farne le spese è la dimensione del godimento. Nonostante il film sia pieno di canzoni Phillips non sembra mai convinto fino in fondo di voler fare un musical. A tratti azzecca bellissime sequenze (come quella su The Joker tratta da The Roar of Greasepaint); più spesso le canzoni interrompono il flusso narrativo in modo arbitrario, poco armonioso, anche perché – forse preoccupato di sacrificare fino in fondo la dimensione realistica – puntualmente i numeri si concludono con inquadrature che ne negano a posteriori la potenza immaginifica, rivelandoli come puri sogni a occhi aperti di un personaggio che fantastica e dunque contestualizzandole. Così però tutto il lato musicale risulta indebolito, compresa la presenza di Lady Gaga che spesso non sembra avere un valido motivo per restare in scena (e infatti una delle sfide è tenercela, con forzature varie di trama).
Come meta-spettacolo Joker: Folie à Deux è intrigante e coraggioso. Come intrattenimento è un azzardo che Warner rischia di pagare caro. Stavolta Phillips l’ha fatto veramente, il film della New Hollywood. Ma è probabile che scimmiottarla convenisse molto di più.