John Wick 2, la recensione
Con una raffinazione ancora più clamorosa della già ottima azione del primo film, John Wick 2 esalta la dedizione ma nella più noiosa delle trame
Il mondo di John Wick prende ora un ordine, diventa un universo coerente in cui tutti quasi tutti sono sicari sotto mentite spoglie, un mondo pieno di società segrete, giochi di potere, intrighi internazionali e regole. Tutto all’insegna dello stile e dell’eleganza.
E il culto della qualità in effetti nel film c'è, il lavoro già maniacale sugli stunt e l'azione che avevamo visto nel primo si è addirittura raffinato. Di nuovo Keanu Reeves mostra un'encomiabile dedizione ad un allenamento che fa apparire come naturali tutti i gesti tecnici su Stahelski ama soffermarsi, nonchè un coinvolgimento in prima persona che lo porta a fare da sé la maggior parte degli stunt (molti sono aiutati da una computer grafica invisibile per far sembrare che li abbia fatti lui), anche se la rapidità e fluidità dei movimenti non è sempre impeccabile per gli standard di ritmo dei modelli cui il film si rifà. Reeves è e rimane un po' legnoso, specie rispetto agli stuntmen intorno a lui. Ma è il meno. Il problema stavolta è la fatica che John Wick 2 fa a mantenere l’interesse del pubblico tra scena d’azione e scena d’azione in una storia troppo lunga. Invece di un concept stringente come quello film precedente, la trama si intrica, si riempie di personaggi, cambi di location e voltafaccia, senza che sia gestita con la secca durezza che avevamo apprezzato in precedenza. A questa dolce assurdità John Wick 2 sembra credere così tanto da voler anche raccontare un intreccio che dovrebbe avere grande senso.
Questa versione seriosa e per nulla scanzonata di Kingsmen (c'è la medesima ossessione per il concetto di gentleman d’azione ma come se avesse davvero un senso) è densa, opulenta e riempita a forza di scene, elementi e concetti che non gli appartengono. Se sequenze come quella della sparatoria portata avanti di nascosto, nella folla e con i silenziatori, fanno gran scena grazie ad ottime idee, molto meno funziona l’aver reso John Wick una specie di samurai disinteressato al sesso femminile (l’unico sussulto c’è con Claudia Gerini ma è tutto molto gelido), un professionista descritto come “determinato e concentrato”. John Wick ha l’ossessione di liberarsi dei suoi doveri e del suo lavoro, ma questo non diventa mai un vero dilemma, è un eroe triste e condannato fin dall'inizio ma addirittura sembra più interessante la sua ossessione per l’eccellenza in ogni campo (nelle pistole, nelle macchine, nelle mosse…) che il suo desiderio di uscire da quel mondo.
Professionista della compostezza e dell’eleganza, indefesso lavoratore e dedito impiegato (nonchè esemplare membro del club Continental), la vita di John Wick è uno showcase di professionalità più che una storia appassionante condita d’azione, grande metafora della vita di un funzionario di medio livello con la passione del lusso e aspirazioni di grandezza. In questo l’inserimento di due attori italiani solitamente lontani da questo genere come Claudia Gerini (presenza molto forte e centratissima ma fugace) e Riccardo Scamarcio, nel ruolo del villain non-menante, sembrano calzare bene il film. A tratti anche più di quanto ogni tanto sappiano calzare alcune pessime produzioni italiane.