jOBS, la recensione
Deludente come ci era stato annunciato, il primo biopic sul co-fondatore della Apple è simile ai film tv di una volta...
All'entusiasmo per la scelta dell'insospettabilmente somigliante Ashton Kutcher nel ruolo principale si è rapidamente passati alla delusione quando sono cominciate ad uscire le prime recensioni. E' dunque con l'aura del filmetto da poco che arriva in Italia Jobs, la prima biografia filmica del co-fondatore della Apple, e purtroppo le voci erano vere.
C'è il consueto grado di "genio e sregolatezza" del caso nel film, Steve Jobs è ritratto come un uomo dotato di visioni folgoranti e dell'integrità e la determinazione necessarie a portarle in vita, ma anche un rabbioso ed esigente boss, che difficilmente si relaziona a chi non ha la forza di dare il massimo come fa lui.
Negli ultimi anni stiamo vedendo molto cinema americano prendere di petto i nuovi grandi imprenditori o figure di rilievo dell'era informatica (da Zuckerberg e Assange) e non sempre con la complessità che una riflessione sul tempo moderno fatta attraverso le sue figure cardine meriterebbe.
Jobs si posiziona come il capostipite dei film non riflessivi, che cavalca tutto quello che la propaganda santificatoria dell'uomo ha promosso senza cercare realmente di capire e scoprire, di usare la vita di un uomo tra i più importanti per l'evangelizzazione tecnologica per capire di più sui tempi che viviamo.