Japan Sinks 2020: la recensione

Japan Sinks 2020 parte da una catastrofe naturale per andare a raccontare lo sforzo di sopravvivenza di pochi individui scelti

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Japan Sinks 2020: la recensione

Japan Sinks 2020 richiama per affinità la serie anime del 2009 Tokyo Magnitude 8.0. Non perché sia voluto, anzi probabilmente non lo è dato che alla base della nuova serie c'è un best-seller giapponese dal quale era già stato tratto un film negli anni '70. Ma senza dubbio ci sono vari punti in comune tra le due serie animate, che partono entrambe da una catastrofe naturale per andare a raccontare lo sforzo di sopravvivenza di pochi individui scelti. In entrambi i casi, attraverso il racconto particolare, la serie costruisce una narrazione sociale più ampia, e l'esaltazione della capacità – che deve avere anche radici storiche – di ripartire dopo un disastro.

Come da titolo, la storia parte da uno spunto catastrofico già molto cinematografico. A causa di eventi geologici di portata straordinaria, una serie di terremoti scuote il Giappone, ma è solo l'inizio. L'intero paese è destinato a sprofondare nell'oceano. Inizia quindi una fuga serrata, prima verso l'entroterra, poi verso qualunque mezzo con il quale sia possibile abbandonare l'arcipelago. A raccontare gli eventi c'è lo sguardo della famiglia di Ayumu Muto, una ragazza di quattordici anni che sogna di partecipare alle Olimpiadi. Sua è l'odissea attraverso morte e distruzione, alla ricerca della salvezza per lei e i suoi cari.

Dietro la serie c'è Masaaki Yuasa, che già su Netflix era arrivato con Devilman: Crybaby, una nuova versione dell'opera di Go Nagai. Qui l'autore di serie e film animati mette da parte le sue velleità più sperimentali e si concentra su una narrazione che, se non è del tutto realistica, almeno cerca la verosimiglianza. Dimentichiamo quindi i voli con la fantasia di Tatami Galaxy e l'animazione caricatissima di Ping Pong: The Animation. Il character design sarà comunque familiare per chi ha visto altre sue opere: un tratto quasi sgraziato, che non cerca mai di piacere o compiacere lo spettatore, ma che sa farsi ricordare.

Japan Sinks 2020 ha un modo suo di raccontare la morte, soprattutto nelle prime puntate. Lo shock visivo è dietro l'angolo, ma al tempo stesso la morte violenta è improvvisa, fastidiosa, inaccettabile. Non ci sarà tempo per addii calmi e solenni, o almeno dignitosi, nel momento in cui tutta la natura diventa ostile improvvisamente. Questi sono gli attimi in cui la serie è più drammatica e difficile da sostenere, e ci saranno vari momenti di questo tipo. D'altra parte, più la serie va avanti e più si normalizza da questo punto di vista, regalandosi anche alcune scene enfatiche. Ma a parte questo, e a parte un faticoso segmento centrale, la sgradevolezza di questo prodotto colpisce alla distanza (che è una definizione adatta a tutti i lavori di Yuasa).

Tokyo Magnitude 8.0 funzionava meglio nel raccontare l'umanità e nell'assestare un pugno emotivo devastante nel finale. Era una serie più diretta e semplice. Japan Sinks 2020 è più difficile, che sia per scrittura, animazione, reazioni inaspettate o caratterizzazioni respingenti. Ma in quella fatica di fondo che accompagna il racconto trova anche un modo per farsi ricordare. Per quanto riguarda il tempismo dell'uscita della serie, questa doveva contenere un riferimento alle Olimpiadi di quest'anno, ormai slittate al prossimo. Involontariamente, però, le immagini di rinascita e ritorno alla normalità trovano un nuovo significato.

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