Jagan 1 – 2, la recensione

Abbiamo recensito per voi i primi due numeri di Jagan, opera di Muneyuki Kaneshiro e Kensuke Nishida

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Jagan 1, copertina variant di Emiliano Mammucari

L'impressione iniziale per un qualunque curioso che sfogliasse per la prima volta Jagan, di Muneyuki Kaneshiro e Kensuke Nishida, sarebbe di trovarsi di fronte a qualcosa di totalmente assurdo: un trionfo d'immaginazione e nonsense nella miglior tradizione del Fumetto nipponico.

Non ci riferiamo tanto al diluvio di rane che investe la città in cui vive il protagonista, Shintaro Jagasaki, in fondo piogge improvvise di animali sono un fenomeno raro ma attestato in diversi luoghi del pianeta; la stramberia è che gli anfibi in questione, dall’origine incerta, sono in grado di fondersi con il corpo degli esseri umani, nutrendosi dei loro desideri più repressi e rendendoli “guasti”, ossia mutandoli in mostri terrificanti e forsennati, schiavi delle loro pulsioni.

Anche Shintaro viene contagiato, ma il simbionte che ha invaso il suo organismo è ancora allo stato larvale di girino, dunque incapace di intaccare il cervello del proprio ospite. Il ragazzo, che di mestiere fa il poliziotto, scopre presto di possedere facoltà straordinarie che gli permettono di trasformare le proprie membra in formidabili armi da fuoco, diventando Jagan: colui che è predestinato a liberare l'umanità dalla piaga caduta dal cielo. Lungo il percorso, il Nostro sarà guidato da uno strano gufo parlante, Doku, e capirà di non essere l'unico ad aver sviluppato super poteri legati al parassita preservando l'uso della ragione.

Nei primi due numeri del manga, edito da Shogakukan e portato in Italia da Star Comics, assistiamo ad alcune delle più incredibili e scioccanti situazioni, le quali mescolano elementi splatter, erotici e demenziali. L'idea alla base della storia affonda le sue radici in classici come Devilman, di Go Nagai, e Uzumaki – Spirale, di Junji Ito, punti di riferimento indiscussi quando si parla di body horror in ambito manga.

L'influenza più rimarcabile e palese, tuttavia, è quella di Kiseiju - L'ospite indesiderato, di Hitoshi Iwaaki, omaggiato esplicitamente in una tavola del primo volumetto. Sono poi riscontrabili contaminazioni artistiche da autori quali Shintaro Kago e stilistiche come l’ero-guro, movimento sorto nella prima parte del ‘900 i cui echi sono ancora ben distinguibili nell'attuale cultura pop giapponese.

Jagan 2, copertina di Kensuke Nishida

Jagan conquista il lettore lentamente ma inesorabilmente. Si comprende allora che la follia dei contenuti è solo la metafora per raccontare i vizi e i difetti, i dolori e le angosce del nostro animo: tutti siamo potenzialmente vittime di una mad xenopath, una “rana pazza”. Shintaro è sostanzialmente un uomo frustrato e insoddisfatto che incontra altri suoi simili macerati da problemi e ansie che flagellano la società odierna: il desiderio irrinunciabile di un figlio, la cieca ricerca della felicità, di una carriera, di una famiglia.

Muneyuki Kaneshiro, noto in Italia per il manga As the Gods Will, intesse una trama di enorme impatto, non solo per quanto riguarda l'azione e i colpi di scena, ma anche per l'aspetto emotivo. Il sensei confeziona un seinen elettrizzante che non solo diverte e turba ma incoraggia alla riflessione e, attraverso il paradosso, pone senza alcuna pietà il lettore di fronte allo specchio.

La parte grafica, affidata a Kensuke Nishida (I Am a Hero in Nagasaki) è di altrettanto valore. L'artista, dotato di una tecnica complessa ed eclettica, offre un tratto potente e particolarmente realistico, assai efficace nel trasmettere le mostruosità che deve rappresentare; al contempo, è capace di modellare figure femminili dotate di grande sensualità e fascino, svariando senza difficoltà dai soggetti più variegati e infondendo loro incredibile vitalità e dinamismo.

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