Jackpot!, la recensione

Con Jackpot! Paul Feig torna al suo campo da gioco, l'action al femminile che stavolta si fa anche metacinema, e diverte in modo intelligente.

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La recensione di Jackpot, il nuovo film di Paul Feig disponibile su Amazon Prime Video dal 15 agosto.

Jackpot è un film che cerca di fare una cosa difficilissima, non troppo distante da quella che faceva qualche mese fa The Fall Guy: essere commedia d’azione (con tutta l’abilità che comporta) e contemporaneamente meta-cinema in grado di offrire un commentario sull’industria che però non vada a discapito dell’intrattenimento. Anche il risultato è simile. Un avvio spettacolare, dove sembra davvero che tutti i pezzi si incastrino – facendo ridere mentre ci si gode grande azione mentre si riflette su Hollywood; e una seconda parte meno ispirata, dove l’azione si mangia un po’ gli altri elementi non dando più quel senso di riflessione per immagini.

Forse per reazione al suo discusso reboot di Ghostbusters (2016) Paul Feig era lontano da quasi un decennio dalla formula che l’ha reso famoso, e che di fatto ha inventato lui: l’action-comedy (spesso anche buddy comedy) al femminile con protagoniste attrici comiche decisamente lontane dallo standard estetico e atletico del genere. Chiaramente femminista, la sua strategia è però opposta rispetto a quella delle super-donne alla Brie Larson. Le sue protagoniste sono everywoman impacciate che fanno ridere proprio per come la loro normalità si scontra con le convenzioni del cinema d’azione.

Al posto della solita Melissa McCarthy qui troviamo Awkwafina, che è esattamente quel modello femminile “alleniano” ma è anche (come il Gosling di Fall Guy) una figura meta-cinematografica: un’aspirante attrice squattrinata che torna a Hollywood dopo anni passati ad accudire la mamma malata. Peccato che in sua assenza (e a sua insaputa) LA sia diventata La notte del giudizio: quando si estrae il vincitore della lotteria i cittadini hanno fino al tramonto per uccidere legalmente il possessore del biglietto e incassare il premio. Per una serie di coincidenze la vincitrice è proprio lei, quindi tutta la città la cerca per eliminarla. La sua unica speranza è Noel (John Cena) bodyguard armato di tutto punto che le offre protezione in cambio di una percentuale della vincita.

Jackpot ha la leggerezza della satira fatta da dentro il genere, trasformando cioè gli elementi di critica in idee narrative. Vuoi raccontare (quasi alla Boris) il dietro le quinte di chi non ce la farà mai come attore e deve barcamenarsi tra affitti astronomici e competizione all’ultimo sangue? Fai una parodia dell’horror-distopico in cui la gente è letteralmente disposta ad ammazzarsi per un premio improbabile. Vuoi prendere in giro la retorica inclusiva della Hollywood di oggi? Inventa una sequenza come quella del provino per sosia di Barbie e prendi uno dei Ken come cattivo del film. Vuoi ironizzare sulle star decadute? Crea il museo delle cere dove Jennifer Lopez “sembra la statua di una che vuole parlare col principale”.

La prima parte del film è piena di idee come queste, che integrandosi nel ritmo del racconto si prestano però a un’interpretazione meta. Sotto c’è la struttura del buddy movie che Feig conosce come le sue tasche e dove possono scatenarsi Awkwafina e John Cena: lei perfetta nelle scene d’azione a cui sopravvive per miracolo; lui che dopo Ricky Stanicky e l’apparizione agli ultimi oscar sembra sempre più intenzionato a fare la parodia del suo personaggio di wrestler eroico, rivelando ogni volta nuove sfumature recitative. Funzionano così bene che da un certo punto in poi Jackpot si “accontenta” della loro interazione, facendone l’unico centro del film e lasciando a metà strada la riflessione sul cinema in favore di un più normale svolgimento action. Il risultato resta gradevole, anche se tradisce le aspettative stabilite nella prima parte di un intrattenimento autoconsapevole in grado di riflettere sull'industria.

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