Jack Reacher, la recensione

La prima versione cinematografica dell'investigatore di Lee Child soffre troppo l'attore che lo interpreta. Buono, perfettino e mai davvero in gioco, si salva per l'ironia...

Critico e giornalista cinematografico


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Di Sherlock Holmes moderni ne abbiamo visti tantissimi. Alcuni fanno i medici, altri sono fedelissimi al modello originale e si distanziano solo per gli abiti moderni o l'uso della tecnologia, altri ancora ne vestono i panni d'epoca anche se poi sono molto poco fedeli e più avventurosi, tutti sono intelligentissimi, misogini, iracondi, hanno una spalla e dei superiori a cui mostrarsi migliori. Jack Reacher mena anche.

Il personaggio nasce in una serie di libri di Lee Child (partita a metà anni '90), avventure autoconclusive nello stile dei detective classici da Poirot alla signora Marple (Child è lo pseudonimo di Jim Grant, un britannico). Jack Reacher però somiglia più al re della deduzione che ad altri abili solutori per la maniera arrogante e individualista con la quale si propone.

Nella versione cinematografica voluta da Tom Cruise e affidata allo sceneggiatore di I soliti sospetti e poi gran collaboratore di Bryan Singer, le tendenze holmesiane sono anche accentuate: nessuna storia d'amore, più uomo d'azione.

Eppure per come viene venduto Reacher dovrebbe incarnare un altro tipo di eroismo, quello al di fuori della legge, quello che si spinge là dove la polizia non vuole o non può arrivare. Impossibile da trovare ("E' lui che trova te"), ineffabile, inarrestabile e dotato di una morale di ferro tutta sua, Jack Reacher al cinema è un progetto sconclusionato che non ha ben chiara la direzione che intende prendere e non riesce a farsi forza del suo modello.

Succede così che a fronte di moltissime parti riuscite e appassionanti (la ricostruzione degli omicidi, il montaggio serrato e molto asciutto del processo inferenziale e tutte le sequenze d'azione sono ottime) il film risente dialoghi pessimi, molto didascalici e finalizzati a spiegare ogni passaggio. In questo modo le spalle di Reacher appaiono come degli stupidotti, mentre la genialità di Conan Doyle era di dipingere Watson come un uomo abile e furbo, e quant'è peggio il film è anche incapace di mettere vera tensione o ancora di più paura per il villain della situazione (interpretato da Werner Herzog, con un occhio cieco e senza le dita delle mani, che peccato non aver messo davvero a frutto questa genialata di casting!).

A differenza dei libri poi il film preme molto sul pedale dell'ironia di Reacher, si ride parecchio come nello Sherlock Holmes di Guy Ritchie, ma lungi dall'essere una parte bene amalgamata nel tono generale, si ha l'impressione che l'ironia sia una pezza, il condimento che rende accettabile la minestra.

Indeciso su cosa essere (non è giustiziere, non è eroe simpatico, non è antipatico, non è conquistatore ma nemmeno davvero misogino, non ha stile ma nemmeno è talmente sciatto da farne una caratteristica, sembra invincibile ma nel finale ci fanno credere che si affidi ad un piano senza nè capo nè coda contando su un vecchio forse rimbambito) il Jack Reacher di Tom Cruise diventa inevitabilmente con lo scorrere del film un personaggio sempliciotto, un patriota buonista, ex militare dai principi di ferro, secchione autentico senza la perdizione affascinante che si accompagna alla genialità.

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