iZombie (prima stagione): la recensione
La trasposizione del fumetto iZombie curata da Rob Thomas per TheCW è una delle sorprese della stagione
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Una delle cose migliori di iZombie è che non si tratta tanto di una rivelazione quanto di una conferma. Conferma di quello che alcuni mesi fa era apparso come un pilot promettente, con un buon ritmo e una protagonista semplicemente adorabile, conferma di un network come TheCW che passo dopo passo sta rinnovando la propria offerta televisiva senza snaturare se stesso, cosa che a più blasonati canali broadcast invece non riesce. Quindi il bilancio assolutamente positivo di una prima stagione che è riuscita a equilibrare elementi da procedurale con una trama orizzontale solida e ben costruita, che si è evoluta nel corso dei tredici episodi – che sempre di più per fortuna stanno diventando la nuova regola come numero di puntate stagionali – e che è riuscita quindi a costruire dei personaggi piacevoli e ben delineati.
E se la storia d'amore con Lowell (Bradley James) non colpisce quanto dovrebbe nel suo sviluppo, è determinante nello scontro a distanza con quella che è la vera nemesi della serie. Blaine, interpretato con orrorifico distacco da David Anders, è l'ideale contrario della protagonista, e basta la sua presenza a garantire la forza della storyline principale, che inizia con la maledizione di Liv e termina con un confronto che non lascia insoddisfatti e apre le porte ad una seconda stagione già confermata.
Eppure gli attimi più sorprendenti dello show sono quelli relativi alla violenza. Perché iZombie è davvero violento. Certo, tra Game of Thrones e lo stesso The Walking Dead – per rimanere in ambito zombie – siamo ormai abituati a livelli di splatter abbastanza elevati, ma per una serie in onda su un canale broadcast tendenzialmente indirizzato a teenager ci troviamo di fronte a momenti davvero imprevedibili alla vigilia. Tra la fortuna del suo personale universo di supereroi e il riconoscimento a Jane the Virgin ai Golden Globe, TheCW continua a rinnovare se stesso, con ironia, leggerezza, senza grandi sussulti, ma costruendo un percorso che vale la pena seguire per vedere dove ci porterà.