It's What's Inside, la recensione: una metafora geniale che rischia di scappare di mano
La recensione di It's What's Inside, il film diretto da Greg Jardin in cui c'è una macchina in grado di scambiare i corpi delle persone
Come tanto cinema di genere It’s What’s Inside vive (e muore) sull’invenzione e la gestione di un’unica idea narrativa: Nightmare ha l’impossibilità di addormentarsi. It Follows l’inseguimento lento ma inesorabile. Talk to Me la mano che richiama i morti. It’s What’s Inside (che non è un horror ma ci somiglia molto) una macchina in grado di scambiare i corpi delle persone. Otto amici la usano per gioco a una festa e subito la situazione degenera, fra chi ne approfitta per tradimenti e inganni messi in atto con il corpo di qualcun altro.
Se It’s What’s Inside non è perfetto è per la difficoltà oggettiva che comporta gestire questa premessa per un’ora e quaranta. Per gran parte del tempo l’aspetto dei personaggi in scena non corrisponde con la loro personalità, e siccome la memoria degli spettatori non è infinita i realizzatori sono costretti a inventarsi sempre nuovi modi per segnalare chi è che si nasconde in questo momento in quel corpo: foto pinzate addosso come un badge, riprese sovraimposte che mostrano la vera identità della persona e così via.