Italia 1982 - Una storia azzurra, la recensione

Nella grande storia del mondiale italiano Italia 1982 sceglie di concentrarsi sulla dialettica tra sport giocato e suo racconto

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Italia 1982 - Una storia azzurra, in uscita in sala l'11, 12 e 13 luglio

Dei molti documentari che escono in questi giorni in televisione, su piattaforma o, come in questo caso, al cinema, e che raccontano il mondiale di calcio del 1982 o la specifica partita Italia - Brasile, questo è quello più legato alla storia italiana del racconto sportivo. Lo è perché a produrre c’è Simona Ercolani, storica creatrice e autrice di Sfide, il primo atto di storytelling sportivo italiano realmente mainstream. Sono passati 30 anni dall’ideazione di quel programma e ora Italia 1982 - Una storia azzurra, diretto da Coralla Ciccolini e supervisionato da un esperto di documentari moderni, Beppe Tufarulo, ricorda che il miglior racconto sportivo è ancora questo.

L’impostazione è classica, ci sono alcuni dei giocatori di quella squadra e alcuni dei giornalisti in attività all’epoca che rievocano il clima, le prime partite e poi la fase finale. Cronologicamente e coadiuvati da immagini note e inedite. Il diavolo però è nei dettagli. Italia 1982 è innanzitutto un documentario con una messa a fuoco precisa, è la storia di Enzo Bearzot e della sua decisione di portare Paolo Rossi. Il resto è contorno che crea pathos, spettacolo e intrattenimento intorno a quella trama. E secondariamente è la storia di un gruppo di persone assediate dalla stampa (molti giornalisti ancora oggi rivendicano quell’assedio), odiati, maltrattati e incattiviti (le ragioni esisterebbero pure ma il documentario le sorvola). In terza battuta vorrebbe anche essere il racconto di un evento che unì un paese politicamente diviso e violento, ma quello è uno sforzo che davvero non gli riesce.

Con questa opposizione mette gli intervistati ognuno in una condizione particolare, gli fa riascoltare o rivedere pezzi di partite e inventa continuamente idee di vero cinema, come il portarli nei ruderi dell’hotel in cui furono in ritiro, quello di cui vediamo le immagini splendenti di una volta e di cui ci viene mostrato il derelitto presente, l’immagine più sensata della fine di un mondo e di un’epoca. Continuamente il parallelo tra il ricordo e il cinema, il ricordo e il video o l’audio di quell’evento domina la messa in scena. Ricordare oggi è risentire e rivedere, e non essendo mai questi atti neutri è anche una maniera di selezionare la memoria.

Ovviamente Italia 1982 è anche un documentario sportivo, pieno di aneddoti e storie, capace di tirare fuori ancora protagonisti poco raccontati (come Selvaggi, il giocatore portato solo per fare spogliatoio che nemmeno venne con gli scarpini), ma soprattutto di mettere in contrasto di nuovo parole dei giornalisti con parole degli sportivi, chi lo sport lo segue, conosce e racconta nell’immediato, con chi lo fa. Chi ne è interessato personalmente con chi ne ha una visione più ampia. Tutto a favore dei giocatori, come è facile immaginare, del resto la leggenda viene prima di tutto, prima della storia e prima di qualsiasi altra cosa. Siamo al cinema.

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