Un'isola per cambiare, la recensione
Un'isola per cambiare è una commedia romantica di basse pretese ma che nella bontà dei temi riuscirà a conquistare il suo pubblico.
La recensione di Un’isola per cambiare, su Netflix dall’8 marzo
Diretto da Vanessa Jopp, Un’isola per cambiare è la storia di emancipazione di una donna sulla soglia dei cinquant’anni abituata a una vita grigia e all’infelicità coniugale. Dopo la morte della madre, Zeynep (Naomi Krauss) scopre che questa, croata di nascita ma poi sposatasi con un uomo turco e trasferitasi in Germania, le ha lasciato in eredità una casa su un’isola croata. La vendita della casa è l’occasione per Zeynep per compiere un viaggio geografico e spirituale: sull’isola infatti potrà riflettere sulla sua infelicità e attraverso la conoscenza del suo vicino di casa Josip (Goran Bogdan) scoprirà che è possibile ricominciare ad essere felice.
Il tema è, dicevamo, quello del female empowerment: quella di Zeynep è infatti una storia di riscatto, di desiderio di amore e di voglia di cambiare vita. Questo desiderio della protagonista viene però reso possibile proprio dall’ambientazione da favola romantica (una villa sul mare con vista mozzafiato, animali giocosi e vicini pittoreschi) e dai vari intrecci relazionali spesso surreali nella loro facilità. Il tono del film però permette proprio queste edulcorazioni, anzi ne vive e ne va fiero. E per questo funziona.
Il tutto si mescola con l’idea di multiculturalità (niente di eclatante per come viene articolata, però è giusta per dare quel tocco in più) che, racchiusa in un discorso di felicità come eredità intergenerazionale - di madre in figlia - farà assumere al film quella piccola particolarità di scrittura che gli manca nella trama.
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