Irrational Man, la recensione

Dopo Magic in the moonlight ora Irrational Man applica quel medesimo, inusuale, ottimismo all'omicidio. Il risultato è un ibrido ancora una volta nuovo

Critico e giornalista cinematografico


Condividi
C’è un silenzio sorprendente ad aprire Irrational Man.

Non i consueti manouche o dixieland sui titoli di testa bianchi e sfondo nero ma un inedito silenzio ambientale (l’unica vera forma di silenzio, quella che lo afferma facendolo sentire) per tutta la loro durata. È solo un indizio della variazione nel paesaggio sonoro rispetto alle abitudini di Woody Allen, elemento che in sè apre la strada a molti altri cambiamenti. Irrational Man infatti è animato da un blues spinto e tirato, colonna sonora fieramente di colore, ritmata dal pianoforte e non dal classico sax e, quando serve, rallentata da inserti di classica. Siamo dalle parti di Match Point e Sogni e Delitti, lo ricorda anche l’incursione dei grandi narratori russi (sempre Dostoevskij), ma con un ottimismo a note alte e ritmo sostenuto che forniscono tutta un’altra lettura e un altro tono.

Magic in the Moonlight già spiazzava variando la consueta commedia d’ambientazione primi novecento di Woody Allen, non era infatti contaminata dall’usuale pessimismo ma sembrava anelare alla felicità e poi addirittura osare trovarla nonostante i soliti inganni e frustrazioni del vivere terreno. Irrational Man è dotato del medesimo desiderio. L’omicidio e la maniera in cui i personaggi sembrano incapaci di gestire fino in fondo il proprio destino, sempre soggetti a bizze del caso, non sono strumenti della mortificazione umana ma di elevazione.

L’Abe Lucas di Joaquin Phoenix, tutto pancia stanca e trascurata in evidenza sotto la maglietta e Volvo scassata, non si perde con l’omicidio ma trova se stesso. Perché una morte violenta nei film di Woody Allen non è mai la causa scatenante di un intreccio ma il fine di un piano, il mezzo per accedere ad una nuova condizione. Quindi quella razionalità messa in dubbio da Colin Firth in Magic in the moonlight si ritrova nell’irrazionale spinta del titolo di questo film, la soluzione cui arrivava il Boris interpretato da Larry David per i suoi rapporti, bypassando ogni ragionamento, è la medesima cui arriva anche Abe con l’omicidio: Basta che funzioni.

Nel vortice di dialoghi alleniani tutti i personaggi cercano la serenità attraverso i rapporti personali con diversi gradi di disperazione a seconda delle età (come la professoressa di chimica guadagni terreno e umanità nel corso del film è uno spettacolo a sè), solo Abe Lucas, il più frustrato dall’inutilità del vivere e dalla mancanza di scopo nella propria esistenza, sembra trovarlo realizzando qualcosa.
Con le luci fenomenali e i colori di Darius Khondji (il mago dei gialli colorcorretti di To Rome with Love e Midnight in Paris che qui si giostra tra il rosso e il verde) Irrational Man è il secondo capitolo nella filmografia ottimista di Woody Allen, contaminato da Emma Stone a cui il regista sembra appiccicare tutta la gioia di possedere un corpo ed essere giovani. A parità di attrici giovani utilizzate mai i suoi personaggi erano sembrati così appassionati della propria età, così meravigliosamente adatti ad esprimere il meglio della fase della vita che attraversano.

Continua a leggere su BadTaste