Iron Man 2020 1, la recensione
Il primo numero di Iron Man 2020 è privo di momenti entusiasmanti che rendano avvincente l'esperienza di lettura
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Ha fatto il suo esordio anche in Italia Iron Man 2020, evento Marvel ideato da Dan Slott e Christos Gage per i disegni di Pete Woods. I fatti narrati in questo primo appuntamento sono la diretta prosecuzione di quanto recentemente accaduto su Tony Stark: Iron Man: nell’ultimo numero della serie del Vendicatore d’oro, abbiamo scoperto che il Tony apparso sulla scena dopo la Seconda Guerra Civile dei Supereroi in realtà è un’intelligenza artificiale in un corpo artificiale. La sconvolgente verità ha spianato la strada al suo fratellastro, Arno, che ha rilevato non solo la guida della Stark Unlimited, affiancato dalla sua socia Sunset Bain, ma ha anche raccolto il manto di Iron Man.
Come giù successo sulle pagine di Amazing Spider-Man, Slott decide di accantonare il volto storico della testata e sostituirlo con un nuovo personaggio. In quell’occasione, Otto Octavius prendeva il posto di Peter Parker, adesso assistiamo a un avvicendamento tra i due fratelli Stark. Anche in questo caso, lo sceneggiatore di Fantastic Four è impeccabile nell’inserire il cambiamento in una storia ben congegnata e appassionante.
Nonostante i buoni propositi, almeno in questo primo albo, manca quel quid che renda vibrante il racconto. In particolare, non riscontriamo unicità che ci permettano di legare con il protagonista, apparso ancora molto piatto e di scarsa attrattiva. Riprendendo quanto fatto da Slott sulle pagine della serie del Tessiragnatele, non possiamo non ricordare la maniera con cui il Dottor Octopus ha stravolto la vita di Peter con la sua arroganza. Superior Spider-Man risultò una scelta divisiva, discutibile ma sin dalle prime battute portò una nuova interpretazione del mito del ragnetto. Aggiungiamo inoltre che i dialoghi risultano pesanti, verbosi e rallentano oltremodo la fruizione dello spillato e in parte smorzano l’entusiasmo iniziale.
Fortunatamente, l’arte di Woods riesce a risollevare il risultato generale dell’albo, trasmettendo la grande tensione che permea la vicenda. Il tratto spigoloso e la cura dei particolari è perfetto per delineare scenari futuribili davvero accattivanti; al contempo, l’espressività che il disegnatore statunitense imprime anche alle macchine è davvero impressionante, conferendo umanità e vivacità all’esperienza di lettura.
Attendiamo le prossime uscite per poter esprimere un giudizio più preciso; per ora, non possiamo non rimarcare il dispiacere per vedere svilito l’importante lavoro di costruzione portato avanti sulla serie di Iron Man.
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