Irish Wish, la recensione
Film di Natale senza Natale, Irish Wish mette in pratica la lezione del cinema meno femminista possibile e la impreziosisce con Lindsay Lohan
La recensione di Irish Wish, il film con Lindsay Lohan disponibile su Netflix dal 15 marzo
E solo su Netflix qualcosa del genere è vedibile, solo cioè se compresa in un prezzo già pagato si può accettare una visione disincantata e divertita di un film che nasce con le peggiori intenzioni e viene poi realizzato con il minimo dell’impegno. Un film che ci arriva grazie alla generosità del tax credit irlandese e della sua film commission, ampiamente ricompensati con continue panoramiche di droni sulle bellezze naturali del luogo. La storia è quella di una editor di una casa editrice innamorata del romanziere di successo di cui cura i libri (di fatto scrivendoli lei), che invitata al matrimonio di lui con una sua amica desidera di essere lei la sposa. Una santa (santa Brigida!) la ascolta ed esaudisce il desiderio. Di colpo è lei la sposa, ha quello che vuole ma scopre che c’è invece un altro uomo, un fotografo di uccelli (nessun doppio senso voluto), che è il vero amore.
In tutto questo anche Lindsay Lohan incarna il brand del raffazzonato, con un paio di occhiali che dovrebbero renderla un intellettuale che non crede nella sua bellezza, una specie di fiore nascosto, con i capelli curati ma gli occhiali che la nascondono. Perché qui il punto è sempre la protagonista e la veicolazione di un’idea di donna (e di rapporto con l’uomo) che si basa sulla bellezza ed è diretta a compiacere per piacere. Tutte le ragazze della storia sembrano considerare infatti normalissimo fare ogni cosa per piacere ad un uomo, perché (emerge dai dialoghi e dagli atteggiamenti) quella è la realizzazione definitiva, suggellata dal più forte degli agganci possibili: il matrimonio.
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