Io Sono Valentina Nappi, la recensione

Centrato sul sesso per andare a parare altrove, Io Sono Valentina Nappi vuole colmare il territorio tra cinema porno e cinema comune

Critico e giornalista cinematografico


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Esiste un grandissimo territorio tra il cinema porno e quello che non mostra esplicitamente il sesso, un territorio in larga parte inesplorato fatto di film (potenziali) in cui il sesso è mostrato chiaramente ma non è il centro dell’attenzione, non è l’unico elemento generatore di senso ma uno come altri della messa in scena, utile a raccontare una storia o dei personaggi. Film come gli ultimi di Abdellatif Kechiche si avvicinano ad esplorarlo ma Monica Stambrini sembra voler fare un po’ di più partendo “dall’altra parte”. Invece che inserire una visione più seria e realistica del sesso in un film che non è pornografico, Io Sono Valentina Nappi tenta di fare qualcosa di più serio di un film porno.

A partire dalla pornostar che dà il titolo al film, tutto Io Sono Valentina Nappi proviene dal porno, ne ha l’impostazione narrativamente asciutta e con pochi fronzoli, ne ha il minutaggio dedicato al sesso e il protagonismo femminile. Quel che del porno non ha è l’attenzione a qualcos’altro che non sia il sesso, nello specifico a creare un’atmosfera in cui la pratica sessuale sia inserita, e farlo tramite gli strumenti del cinema (illuminazione, montaggio tra le camere che riprendono gli atti, dialoghi, recitazione, scenografia ecc. ecc.).

Io Sono Valentina Nappi mette Valentina Nappi in una situazione da porno (arriva in una città che non è la sua, ospitata nello studio di un amico, chiama un conoscente che arriva per fare sesso con lei) e la piega inserendo forme di narrazione poco classica e molto moderna (la sua personalità si crea tutta nei minuti in cui lo attende e curiosa tra gli oggetti scenografici, nei dialoghi ininfluenti ai fini della trama e nella stasi tra prestazione e prestazione). Inoltre il film non esagera con il sesso e lo mantiene ad un livello amatoriale nelle pratiche ma professionale nella capacità atletica di un personaggio che non nasconde, fin dal nome, il suo essere una professionista.

C’è infatti un senso di dominio atletico evidente da parte di Valentina rispetto al suo partner, che non diventa mai gara ma è sempre un divertimento comune. Forse sarebbe esagerato parlare di “dolcezza”, il film (lo voglia o no) non arriva a tanto, ma di certo c’è grande confidenza, complicità e molta umanità. Il sesso di fatto non è solo mostrato ma è proprio raccontato. Non è forse ancora sufficiente per colmare quel terreno tra cinema porno e cinema che non lo è, ma è senza dubbio un primo atto di un linguaggio diverso dal solito che dei corpi nudi che si uniscono e provocano l’un l’altro piacere fa un uso radicale e realmente cinematografico.

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