Io sono nessuno, la recensione

Io sono nessuno è un film dall’equilibrio perfetto, la cui direzione poetica è sempre chiara nonostante celi le sue sorprese e che racconta con un sorriso amaro il desiderio di normalità

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Io sono nessuno, la recensione

Un agnello vestito da lupo. È unicamente seguendo questa duplicità, fatta di aspettative ed attraenti ambiguità che il brillante e avvincente action movie diretto da Ilya Naishuller Io sono nessuno dispone le sue carte. Facendo sempre la mossa giusta. Si tratta della parabola dell’uomo medio che aspira a qualcosa di più: il riferimento qui è tanto a Breaking Bad quanto a Un giorno di ordinaria follia, eppure l’idea di Io sono nessuno, che è anche ciò che lo rende un film estremamente centrato e compatto, è che sebbene sembri l’opposto ciò che racconta è l’aspirazione alla normalità. Ribalta le aspettative, mostra la fascinazione per la violenza per poi confermare che il vero desiderio indicibile è quello per una vita tranquilla.

L’ironia è essenziale e la premessa è che non bisogna prendersi troppo sul serio. Fedele fino alla fine a questo mantra, lo sceneggiatore Derek Kolstad - evidentemente la stessa penna dietro John Wick - sceglie di raccontare il non-uomo medio Hutch Mansell, finamente interpretato da Bob Odenkirk (appunto l’iconico Saul Goodman di Breaking Bad). La frustrazione di Hutch è quella di chi ha fallito nel realizzare l’american dream, o meglio ci era vicinissimo ma non lo ha davvero raggiunto: ha una bella casa, una famiglia in salute, un lavoro dignitoso. Eppure ogni giorno il mondo non fa che ricordargli quanto sia sostanzialmente inadatto. Tutto si ribalta, o meglio si scopre, quando due rapinatori gli irrompono in casa e Hutch si rifiuta di usare la violenza per difendere i suoi cari. La delusione del figlio e dei conoscenti - il peso delle aspettative su ciò che dovrebbe essere - è grande ed è ciò che monta la sua frustrazione: in un climax ascendente di tensione (a partire da un dettaglio comico) esplode un turbinio di violenza e vendetta in cui Hutch si ritrova immischiato nientemeno che con la mafia russa. Hutch sembra però nato per questo… o forse lo è davvero?

Io sono nessuno oltre ad avere una sceneggiatura di ferro, sofisticata nella sua apparente semplicità, si distingue per l’avvincente alleanza che la storia stringe con la regia di Naishuller. Si tratta di una regia esuberante e a tratti pulp, fatta di movimenti virtuosi, di un tempo elastico e frammentato (da maneggiare a proprio piacimento), dove l’obiettivo da perseguire è ancora l’ironia della violenza. Il sangue scorre a fiumi, la crudeltà sembra gratuita ma è proprio la sua esplosione improvvisa, la sua carica adrenalinica ciò che serve a comunicare il brivido seducente dell’atto violento. È proprio ciò che fa sentire Hutch libero. In questa danza macabra qualsiasi oggetto può essere un’arma, qualsiasi superficie è percorribile e tra esplosioni, coltellate e corpi che volano Naishuller e Kolstad uniscono la loro creatività per creare combattimenti mozzafiato, ricolmi di idee visive sempre nuove. Il tutto immancabilmente a ritmo di musica: a smorzare, ancora, la gravità dei fatti e a sottolineare la componente del gioco.

Bob Odenkirk è semplicemente perfetto per raccontare questa duplicità, ha le fattezze del signor Nessuno (letteralmente) ma la fisicità e la prestanza di John Wick. Il suo volto è il riassunto totale di queste ambivalenze, sa contenere ed esagerare, comunicare e rimanere impassibile. Si scrolla di dosso Saul Goodman ma ne trattiene la stessa profonda disperazione, lo stesso disagio.

Io sono nessuno è un film dall’equilibrio perfetto, la cui direzione poetica è sempre chiara nonostante celi le sue sorprese. Un film, in ultima battuta, che racconta con un sorriso amaro il desiderio di normalità: sì, è possibile cambiare e agire nel “giusto”, ma la tentazione   - di essere altro, di evadere - è sempre dietro l’angolo. Bisogna semplicemente accettarlo. E sebbene rimanga sempre chiuso nell’arco di una singola vicenda, nel particolare (sembrando in un certo senso quasi fine a sé stesso), Io sono nessuno in realtà non sbaglia perché è proprio questo il suo interesse: raccontare una sfida paradossalmente quotidiana. Hutch Mansell è solo un’esagerazione necessaria per raccontare un disagio molto più banale e comune: è Nessuno perché è chiunque. In fondo, si tratta soltanto di “una giornata infernale”. Domani? Chi lo sa.

Cosa ne dite della nostra recensione di Io sono nessuno? Scrivetelo nei commenti dopo aver visto il film!

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