Io sono nessuno, la recensione
Io sono nessuno è un film dall’equilibrio perfetto, la cui direzione poetica è sempre chiara nonostante celi le sue sorprese e che racconta con un sorriso amaro il desiderio di normalità
Un agnello vestito da lupo. È unicamente seguendo questa duplicità, fatta di aspettative ed attraenti ambiguità che il brillante e avvincente action movie diretto da Ilya Naishuller Io sono nessuno dispone le sue carte. Facendo sempre la mossa giusta. Si tratta della parabola dell’uomo medio che aspira a qualcosa di più: il riferimento qui è tanto a Breaking Bad quanto a Un giorno di ordinaria follia, eppure l’idea di Io sono nessuno, che è anche ciò che lo rende un film estremamente centrato e compatto, è che sebbene sembri l’opposto ciò che racconta è l’aspirazione alla normalità. Ribalta le aspettative, mostra la fascinazione per la violenza per poi confermare che il vero desiderio indicibile è quello per una vita tranquilla.
Io sono nessuno oltre ad avere una sceneggiatura di ferro, sofisticata nella sua apparente semplicità, si distingue per l’avvincente alleanza che la storia stringe con la regia di Naishuller. Si tratta di una regia esuberante e a tratti pulp, fatta di movimenti virtuosi, di un tempo elastico e frammentato (da maneggiare a proprio piacimento), dove l’obiettivo da perseguire è ancora l’ironia della violenza. Il sangue scorre a fiumi, la crudeltà sembra gratuita ma è proprio la sua esplosione improvvisa, la sua carica adrenalinica ciò che serve a comunicare il brivido seducente dell’atto violento. È proprio ciò che fa sentire Hutch libero. In questa danza macabra qualsiasi oggetto può essere un’arma, qualsiasi superficie è percorribile e tra esplosioni, coltellate e corpi che volano Naishuller e Kolstad uniscono la loro creatività per creare combattimenti mozzafiato, ricolmi di idee visive sempre nuove. Il tutto immancabilmente a ritmo di musica: a smorzare, ancora, la gravità dei fatti e a sottolineare la componente del gioco.
Io sono nessuno è un film dall’equilibrio perfetto, la cui direzione poetica è sempre chiara nonostante celi le sue sorprese. Un film, in ultima battuta, che racconta con un sorriso amaro il desiderio di normalità: sì, è possibile cambiare e agire nel “giusto”, ma la tentazione - di essere altro, di evadere - è sempre dietro l’angolo. Bisogna semplicemente accettarlo. E sebbene rimanga sempre chiuso nell’arco di una singola vicenda, nel particolare (sembrando in un certo senso quasi fine a sé stesso), Io sono nessuno in realtà non sbaglia perché è proprio questo il suo interesse: raccontare una sfida paradossalmente quotidiana. Hutch Mansell è solo un’esagerazione necessaria per raccontare un disagio molto più banale e comune: è Nessuno perché è chiunque. In fondo, si tratta soltanto di “una giornata infernale”. Domani? Chi lo sa.
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