Io e mio fratello, la recensione
Un copione blando, generico e senza qualità diventa in Io e mio fratello un film che si batte contro tutti i suoi difetti
La recensione di Io e mio fratello, il film di Luca Lucini disponibile su Prime Video dal 21 aprile
È semmai la maniera in cui Lucini trasforma in immagini quel testo che cambia molto (ma non tutto). Al centro c’è il classico viaggio verso il meridione, che poi è sempre anche un viaggio dalla città alla provincia, dalla vita moderna e disumana a quella tradizionale e umana, di una ragazza che torna da dove si è spostata dieci anni prima per impedire il matrimonio del fratello. Questo viaggio però non ha la pasta del ritorno al passato. Nonostante la Calabria sia uno dei territori più legati a quell’idea di ritorno al passato Io e mio fratello ne fa un luogo opposto a Milano (anche perché quello è il senso che ha nella trama) ma non per questo tradizionale, scenograficamente diversa dal solito, mai smaccatamente anti-urbana e soprattutto contemporanea.
C’è un conflitto evidente tra una scrittura che spinge sul tradizionale e inserisce tutte le convenzioni possibili e poi una regia contemporanea che lavora per superare queste convenzioni visivamente. La cosa sarebbe anche buona ma davvero non è possibile scrivere così i conflitti dei personaggi, gli eventi e le solite questioni e solite dinamiche che affossano qualsiasi desiderio di Io e mio fratello di essere migliore di quanto non sia.
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