Io e Angela, la recensione

Black Comedy che ricorre al sovrannaturale come mero pretesto, Io e Angela non riesce a staccarsi dai modelli della commedia italiana

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Se il cinema italiano negli ultimi tempi si avventura sempre di più nei territori del fantastico, sembra il più delle volte non riuscire a staccarsi dai modelli della commedia italiana, dalle solite dinamiche e situazioni. Lo notavamo qualche mese fa con Una famiglia mostruosa di Volfango De Brasi, una parodia dei mostri classici che funziona esattamente con gli stereotipi delle commedie di Natale; possiamo fare lo stesso discorso con Io e Angela, che non sfrutta mai a pieno il proprio côté sovrannaturale e che, seppur cambiando più volte registro, non trova mai ragion d’essere al di fuori della battutina. Il film diretto da Herbert Simone Paragnani (collaboratore assiduo di Fausto Brizzi e Massimiliano Bruno, qui alla seconda regia dopo Una canzone per te) ha come protagonista un Angelo della Morte (Ilenia Pastorelli) incaricata di trasportare all’altro mondo Arturo (Pietro Sermonti), mite quarantenne destinato al suicidio che però proprio non ne vuole sapere di morire. Così lei, ribattezzata Angela, gli svela che la sua vita apparentemente perfetta è, in realtà, un cumulo di bugie e inganni e lo invita ad una rapida dipartita. Ma non tutto, ovviamente, va come dovrebbe…

Lo spunto di partenza ha un sapore dickensiano (Angela come "Spirito del Natale presente" che mostra al protagonista com’è veramente la sua vita) ma qui il fantastico è solo un pretesto e viene presto lasciato sullo sfondo per ricorrere a trite e ritrite dinamiche e caratterizzazione dei personaggi. Arturo maschio ingenuo e ridicolo, ignaro di cosa gli succede accanto, tra fidanzata fedifraga e madre traditrice, Angela donna sexy coattissima e strafottente. Le risate dovrebbero scaturire dagli scambi tra loro due, da un equivoco a letto, dalla goffaggine del protagonista, dalla battutina a sfondo sessuale. Ma tutto è già visto e il divertimento non arriva mai. La seconda parte, poi, con l’arrivo del villain Nero (Saverio Raimondo) frulla azione, inseguimenti, colpi di scena e agnizioni, non facendosi mancare uno scontro finale simil-noir sotto una pioggia battente e addirittura una backstory per Angela. Insomma, nonostante riparta più volte cercando di sorprendere, l’intreccio risulta quanto più prevedibile, e, anche se avesse voluto ammantarsi di una patina seriosa, riduce tutto a livello di freddura.

Il problema di fondo di Io e Angela è infatti di avere tutte le carte in regole per essere fieramente trash, ma di non abbracciare mai questa dimensione, perché più interessato a delineare un quadretto famigliare, una parabola di presa di consapevolezza di sé per il protagonista, dove dunque al sarcasmo subentra la tenerezza, e poi sfociare in un finale commovente e romantico che pare uscito da un teen movie alla Twilight. Ma il bello è che Paragnani non si accorge di mettere in scena dinamiche involontariamente ridicole, ben lontano dall'operazione di Andrea De Sica in Non mi uccidere, un teen horror sfacciatamente e consapevolmente "di secondo grado". Così, quando un personaggio dichiara: "Adoro la commedia all’italiana", citando addirittura Mario Monicelli, la implicita dichiarazione d’intenti del regista assume un significato completamente opposto.

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