Io, Dio e Bin Laden, la recensione

Proseguendo la sua crociata contro la religione Larry Charles con Io, Dio e Bin Laden gira uno strano film di guerra inconsapevolmente pacifista

Critico e giornalista cinematografico


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È davvero uno strano film Io, Dio e Bin Laden. Sicuramente non è riuscito in pieno e annoia più che divertire come vorrebbe. Sicuramente gli mancano diversi pezzi per riuscire a raccontare per bene una storia tratta da fatti veri. Sicuramente infine non è propriamente scritto in maniera creativa se non per quanto riguarda le gag.

Tuttavia è un film di guerra senza guerra che racconta di un’impresa con un fine violento (trovare e uccidere Osama Bin Laden) che però porta a conoscenze, amicizie e un generale senso di pacifismo veicolato da un matto a cui è stata inculcata l’idea della guerra al terrore.

È insomma dall’ultimo posto in cui si pensava potesse provenire che arriva la stoccata mondialista e cosmopolita, da un uomo (Gary Faulkner) che non sta bene né è a posto con la testa ma che tuttavia ha piena facoltà di fare quel che crede con la propria vita e, dopo aver avuto un’apparizione di Dio, decide di seguirne gli ordini alla caccia del grande capo di Al Qaeda negli anni della presidenza Bush (ma i riferimenti al tempo dell’azione sono così pochi che è difficile leggere il film come la cronaca folle degli anni di quella presidenza).

È una storia vera e il Gary Faulkner, interpretato da un Nicolas Cage autorizzato ad eccedere nei suoi soliti toni alti, è un americano leggermente fuori di testa che fa una fusione tutta sua tra religione e guerra. Già nel documentario Religiolus Larry Charles aveva ampiamente trattato il tema della religione, delle sue assurdità e di come condizioni la vita delle società e dei singoli credenti. Qui amplia quel tema associandolo alla follia di Gary e alla sua impresa autodistruttiva l’apparizione di Dio. E il fatto che sia una storia vera la fa funzionare a tutto un altro livello.

In Io, Dio e Bin Laden Gary Faulkner viaggia verso l’Afghanistan senza un piano ma fa un po’ amicizia con tutti, non incontrerà nessun terrorista ma molte persone per bene, vivrà circa 30 giorni nel Medio Oriente concludendo pochissimo ma in fondo trovandosi tra brave persone ospitali che non gli fanno pesare il suo essere matto. Non di meno tornerà in America senza essersi reso conto di tutto ciò, ancora invasato dall’idea di tornare a trovare Bin Laden, il nemico islamico. Quella stessa religione che ha avuto l’effetto di rendere un uomo già mezzo matto una specie di nuovo crociato, è la stessa tara che gli impedisce di leggere ciò che gli è accaduto.

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