Io che Amo solo Te, la recensione
Matrimoniale, solare e lieto, Io che amo solo te non è banale per questi motivi, che appartengono al suo genere, ma perchè sceglie di somigliare agli altri
È arrivata ora la fase matrimoniale, in cui Riccardo Scamarcio e Laura Chiatti (già protagonisti di Ho voglia di te, sequel di Tre metri sopra il cielo con il quale Ponti non aveva niente a che fare ma appartenente a quella medesima ondata di cinema adolescenziale cui l’autore prese parte) sono una coppia ad un passo dal matrimonio, molto poco convinta ma comunque quasi “in dovere” di compiere quel passo. Il film racconta i giorni che precedono quello fatidico, i dubbi, le costrizioni, le famiglie e poi ad un certo punto scarta per concentrarsi su un’altra storia sentimentale e allargare il suo spettro.
Nonostante la scelta di una doppia storia d’amore il film sembra lo stesso non voler sorprendere nessunoNon sono lo scenario (abbastanza noto), la finalità della trama (il trionfo dell’amore come si conviene) o l’ambientazione matrimoniale ad impedire al film di trovare un suo carattere e una sua originalità, quelli sono solo vestiti che Io che amo solo te indossa per fare bella figura, convenzioni comuni al genere cui appartiene, è semmai ciò che quel vestito contiene a deludere. Le singole scene, le gag, la visione che ha dei suoi personaggi, l’ironia o anche solo l’acume che mette nel raccontarli come caratteri da commedia sembrano presi di peso dagli altri film italiani di buon successo degli ultimi anni.