In inverno le mie mani sapevano di mandarino, la recensione

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Non si può vivere senza ricordi, giusto?

Partiamo da un dato di fatto: ricordare, certe volte, fa male. E non si tratta solo di eventi spiacevoli, poiché anche ricordare qualcosa di bello (e magari perduto) può logorare e lacerare l'animo umano, provocando mancanza, che, come un cancro, scava e scava dentro di noi, fino a lasciare solo un guscio vuoto. È altrettanto dimostrabile che non tutte le persone sentono (e soffrono) in maniera eguale: in alcuni individui la sensibilità è fisiologicamente accentuata sin dalla nascita, cose che rende questi facilmente "attaccabili" da emozioni quali malinconia, nostalgia, ansia, depressione. Molto spesso questi individui hanno, inoltre, la tendenza a rimanere ancorati al passato, non riuscendo mai davvero a lasciarlo andare, come insegna il Buddha, e portandolo nel presente come un fardello, un peso sulla schiena che piega loro fino a spezzarli.

In inverno le mie mani sapevano di mandarino, scritto e disegnato da Sergio Gerasi ed edito da BAO Publishing, narra la storia di Nani, un ragazzo come tanti, affetto però da "sensibilite acuta": fin dall'infanzia, infatti, il protagonista dimostrava una tendenza a sentire le cose in maniera diversa, più forte, rispetto alla maggior parte dei suoi coetanei, che per questo motivo si prendevano gioco di lui. Fortunatamente (o forse no), Nani è nato con una peculiare caratteristica fenotipica: esattamente al centro del suo capo è infatti presente una cerniera. Questa, una volta chiusa, gli permette di tenere confinati i ricordi, trasformando la sua testa in una sorta di campo di contenimento. Perché nel passato del protagonista è accaduto qualcosa di misterioso e drammatico, che lo ha conseguentemente e inesorabilmente cambiato: da allora, Nani vive con la cerniera chiusa, non permettendo a se stesso di ricordare e provare emozioni, cosa che rende la sua esistenza priva di sofferenza, ma anche totalmente piatta. L'unica manifestazione dei suoi ricordi passati è l'apparizione sporadica (ma sempre più frequente) di mostriciattoli colorati che lo seguono come ombre: dopotutto ognuno si crea i suoi personali demoni. A fare da contraltare alla curiosa situazione del personaggio principale della nostra storia, c'è la nonna di questi, la quale soffre della Malattia di Alzheimer: una delle rogne che la senilità spesso impone è la perdita involontaria della memoria. Quindi, mentre Nani decide di rinunciare di sua sponte alla memoria, la sua nonnina perde i ricordi senza volerlo, il che è assai drammatico, dato che questi sono tutto ciò che le rimane.

Deciso a cambiare la sorte dell'unico parente rimastogli, Nani si imbatterà in un curioso annuncio: un misterioso negozio, chiamato La Celestina: Memorie dal Passato, vende memorie preparate ad hoc per coloro che hanno perso la propria. Per raggiungere questo luogo miracoloso, il Nostro dovrà però imbarcarsi (letteralmente) in un'avventura onirica e grottesca: in compagnia di uno strambo capitano e della sua imbarcazione a vela, il protagonista salperà (da Milano!) alla volta dell'immaginaria isola di Onalim, dove si trova il suddetto negozio, tappa finale di un viaggio non privo di sorprese e tribolazioni...

Gerasi, alla sua seconda esperienza come autore completo, a 4 anni di distanza dal suo Tragifavole, dimostra una perfetta padronanza dei mezzi artistici di cui dispone: In inverno le mie mani sapevano di mandarino è un'opera di grande spessore, intelligente, ma accessibile, fantasiosa, ma perfettamente agganciata alla realtà, oltre che dal tratto visivo potente, che travolge lo spettatore come una palla di cannone sparata a piena potenza, riuscendo, allo stesso tempo, a trattare temi importanti con umana delicatezza.

Sotto il profilo meramente narrativo la storia si articola su due piani temporali: quello presente, nel quale ci viene narrato il viaggio di Nani, e quello passato che, mediante la tecnica del flashback, si intervalla in maniera centellinata a quello principale, aprendo più di una finestra sul passato del protagonista, e permettendoci, alla fine della storia, di avere un quadro chiaro e completo.

Il temi principali del racconto sono il passato e la crescita, necessaria, ma a volte dolorosa, e di come questi si combinano e influenzano fra loro: l'autore ci dice la sua su come il passato va a plasmare ciò che diventiamo e su come gli stessi eventi del passato possono assumere nel presente una connotazione distorta, quasi mostruosa. Il tutto è narrato in maniera chiara e diretta, condita con un humor dal taglio british, un po' dark, un po' disilluso, ma non privo di (auto)ironia.

Non tocca a questa recensione sentenziare sul talento di Gerasi come disegnatore, manifesto da anni a tutti coloro che apprezzano il fumetto italiano: anche in questa prova l'autore si supera, realizzando più di 100 magnifiche tavole, caratterizzate da uno storytelling ben congegnato, che si sbroglia in maniera fluida ed equilibrata per tutto il racconto. Per i suoi soggetti, l'artista sceglie un tratto volutamente caricaturale, con teste e tratti fisionomici ipertrofici e grotteschi, cosa che va a rimarcare l'intrinseca natura di questa storia. Il bianco e nero, inoltre, esalta al meglio la matita di Gerasi, sia nei suoi soggetti che nelle scenografie architettoniche entro le quali In inverno le mie mani sapevano di mandarino si svolge: da un lato la pumblea Milano, spettatrice silenziosa di buona parte degli eventi, dall'altro tutte le "isole che non ci sono" ideate di sana pianta dall'autore, che immagina con grande coerenza luoghi onirici e folli. Sfogliando le pagine, inoltre, vi imbatterete in diversi individui che vi ricorderanno qualcuno di già visto: non è un caso, in quanto Gerasi inserisce molti personaggi della Storia all'interno della sua, di storia.

In conclusione, In inverno le mie mani sapevano di mandarino rappresenta una delle letture "made in Italy" più interessanti di questo 2014, nonché una prova schiacciante (l'ennesima), che dimostra senza dubbio alcuno il grande talento artistico di Sergio Gerasi.

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