Intervista a Carmine Di Giandomenico, tra Oudeis e gli eroi DC Comics
Abbiamo avuto il piacere di intervistare Carmine Di Giandomenico, autore di Oudeis e artista di Flash
Ringraziamo Jacopo Masini e il resto dello staff di saldaPress per la cortesia e la collaborazione.
Ciao, Carmine! Bentornato su BadComics.it. Da cosa nasce l’idea alla base di "Oudeis"?
È nata quasi per gioco, in un periodo in cui volevo rientrare nel mondo del Fumetto, perché dopo un primo esordio avevo difficoltà a tornare a lavorare. Avevo iniziato a fare altro, e nei ritagli di tempo ho continuato ugualmente a disegnare, esercitandomi. Alla fine è nato questo personaggio con la barba che un po’ mi somiglia, quasi fosse una mia trasposizione più dinamica, atletica e figa! [Ride] Poi è saltato fuori il personaggio del clown e da lì ho iniziato a pormi delle domande e a raccontare una storia su loro due. Spontaneamente, è nata questa Odissea molto particolare.
Mi sono appoggiato al mito che fin da piccolo mi ha affascinato, visto che da sempre sono rimasto folgorato dal personaggio di Ulisse, soprattuto quello interpretato da Michael Douglas nel primo film dedicato all’eroe omerico che abbia mai visto.Ho fatto vivere al personaggio un viaggio verso la ricerca del proprio “io” al fine di comprendere la propria identità: un'idea nata in un momento in cui io stesso non sapevo se sarei o meno riuscito a tornare nel mondo del Fumetto. Ero un adolescente che voleva trovare la propria identità e la propria forza. Questa ricerca è comprovata dai diversi formati originari di "Oudeis": tavole su A4, A3… è così perché è realmente nato tutto come una forma di ricerca personale, senza la volontà di trovare una casa editrice, senza un formato: una necessità intima, tutta mia. Non pensavo alla gabbia Bonelli o a qualsiasi altra, americana o italiana. Mi sono preso delle libertà e ho smontato interamente la regia delle tavole, ricostruendola e decostruendola ancora e ancora, come fosse una fisarmonica.
Un gioco “infantile”, nel senso di appartenente alla componente dell’infanzia, quando smonti e rimonti i pezzi delle costruzioni.
Esattamente, come fossero dei Lego. Allo stesso modo, ho smontato e ricostruito la personalità del personaggio. Successivamente, saldaPress vide il progetto e se ne innamorò, investendoci tantissimo. Hanno trovato un formato adatto al tutto, e ora ci troviamo qui a parlare dell’Omnibus che raccoglie - come sai anche tu che eri tra i presenti in quei giorni - l’ultima parte realizzata in una performance di quarantadue ore. Non perché volessi dimostrare la velocità in sé, perché in questo mestiere non conta nulla, ma per dimostrare ai giovani di non aver paura di buttarsi nelle proprie convinzioni - sempre educatamente - nel realizzare e presentare progetti, tavole e quant’altro. Molto spesso si ha paura di fare del lavoro “in più” che poi potrebbe non vedere la luce, ma in realtà se hai un’idea o qualcosa da dire devi solo esprimerti. Nulla ti piegherà, neanche le intemperie o gli acquazzoni notturni.
Questo era il messaggio: il Fumetto è ancora qualcosa che nasce dal disegnatore, ed è più narrativo che prettamente estetico. Bisogna avere nozioni tecniche sul disegno e sulla narrazione per bilanciare il tutto. È stato divertente, e tu dovresti ricordarlo bene.
Davvero provante ma splendido, è vero. Non pensare a un formato finale ti ha fatto lavorare con i materiali più disparati. Durante la performance hai optato per tecniche di disegno piuttosto insolite, con pennarelli, bianchetti, varechina ecc…
Istinto. Ho scoperto quei materiali particolari grazie a mia figlia, tra cui i SuperGiotto Turbo acquerellabili che si usano all’asilo. La varechina, che ha smacchiato e donato effetti di colore particolari quando incontrava la tinta del pigmento sul foglio avorio, è stata un retaggio e una soluzione. Se ricordi, avevo sì le scatole di bianchetto, ma molte erano fallate o completamente secche. Ci siamo trovati senza e ho fatto portare della varechina, per dare quegli effetti di bianco. In quel momento, il retaggio mnemonico mi ha aiutato: anni prima avevo assistito a una lezione di Marco Soldi in cui spiegava come negli anni Trenta e Quaranta si utilizzasse quella sostanza per estrarre i bianchi dai colori delle copertine. L’esperienza mi è servita per risolvere un problema nell’immediato: effettivamente, quella tecnica ha prodotto degli effetti stupendi. Sul cartaceo sembrano realizzati al computer, e invece no! Questo è il bello: talvolta un trattamento classico, analogico può portare a risultati migliori rispetto al digitale.
Questo concetto di “problem solving” ti ha aiutato a organizzarti meglio a livello lavorativo, dato che fai tante cose contemporaneamente.
Nel lavoro, certamente sì. Nella vita no! [Ride] Noi disegnatori, a un certo punto della nostra esperienza, riusciamo a percepire o assimilare determinate problematiche perché abbiamo una “visione narrativa” acquisita con il tempo. Questo ci permette di trovare soluzioni immediate ai problemi narrativi che incontriamo sul lavoro. Crea un’interazione diversa con gli sceneggiatori, talvolta realizzando direttamente delle pagine mancanti, affidandoti alla tua esperienza e al bagaglio culturale che hai sviluppato fino a quel momento.
Devo dire che in alcuni casi ho avuto la fortuna di poter risolvere dei problemi narrativi per dare il miglior risultato possibile alla storia. Ovviamente, la priorità resta sempre non snaturare la narrazione ideata dallo sceneggiatore.
Passando al tuo lavoro per "Flash", sei il creatore del design di Godspeed. Tempo fa, hai postato sul tuo account di Facebook la foto di un cosplayer del personaggio. Che sensazione ti ha dato vedere una cosa del genere?
Godspeed rappresenta il risultato più bello che un disegnatore possa vivere: quando crei un character design e, prima ancora che appaia nel numero fisico, vedi ragazzini di tutto il mondo impazzire per il personaggio, o persone che fanno dei pupazzetti Lego con il suo design, che lo inseriscono nelle mod dei videogioch o lo definiscono a gran voce "il nuovo Anti-Flash"… Be', è meraviglioso.
Spero di andare a New York a vederlo, visto che in Italia - capitale del cosplay - nessuno l’ha ancora realizzato! [Ride] Mi piacerebbe poter incontrare un Godspeed italiano, in fondo l’ho pensato anche per i cosplayer! Ogni volta che si crea un personaggio si pensa a tutte le sue declinazioni, ai gadget e a tutto il resto. Ego [tra i personaggi di "Oudeis" - NdR] lo immagino come un vecchio giocattolo anni Settanta, te li ricordi? Come il Mister Muscolo “tirabile” all’infinito. Ego è un mutaforma, quindi si presta bene a tale concetto.
Nell’"Odissea" i comprimari sono riflessi del carattere di Ulisse. Telemaco, ad esempio, porta con sé lo stesso impulso viaggiatore verso la scoperta, mentre Penelope è la razionalità, il senso di appartenenza alle proprie origini. Nella “tua” odissea, come hai declinato questo aspetto?
Semplicemente, i ruoli si invertono.
Anche Ego è un’altra faccia della medaglia, un esame costante.
O forse il contrario, no?
Perché ha proprio quell’aspetto?
Principalmente, Ego nasce come un omaggio al pupazzetto di "Paul e Nina", il cartone animato. In particolare il volto, un omaggio a quel personaggio che mi ha sempre angosciato fin da quando ero piccolo. Nel prodotto finale non sono più molto simili, ma quell’immagine è rimasta sul fondo, quasi come fosse una matrice sfocata. Poi ho scelto una maglietta a righe, qualcosa che potesse ricordare "Nightmare", quindi una componente inquietante: inconsciamente sei portato ad associare le due figure. Inoltre, è proprio un clown perché rappresenta il concetto di travestimento: Ulisse, nel corso dell'"Odissea", si traveste da vagabondo anziano, per esempio. Infine, un riferimento a "Re Lear" di Shakesperare: il personaggio incita il protagonista a ricordare, lo riporta con i piedi per terra, gli ricorda la verità spronandolo costantemente, come fosse un Grillo Parlante. La domanda è: visto che nella storia è presente un Cavallo di Troia, qual è, in fin dei conti, la realtà tangibile?
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Nel corso dei tre capitoli, è mutato molto il tuo approccio al disegno del paesaggio.
Nell’ultimo capitolo lo stile è molto vicino allo storyboard, quindi più sintetico dei precedenti, scelta dovuta alle circostanze in cui sono state realizzate quelle tavole: in così poche ore non puoi certo realizzare un quadro per ogni pagina. Ho voluto comunque realizzare una regia con un’essenza votata ai dettagli, che lasci spazio all’immaginazione, non una narrazione descrittiva al disegno come accade nei fumetti storici; oppure, passatemi il termine, come nel fumetto “popolare”, dove deve essere tutto estremamente chiaro. Quello che intendo dire è che ho pensato alla suggestione che potesse trasmettere quella terra, in modo tale che ognuno potesse riconoscere al suo interno la propria.
Parliamo dei contenuti del terzo e ultimo capitolo.
È un omaggio all’"Ulisse" di Joyce, entrando a gamba tesa in modo prepotente nella trama. Chi ha letto il romanzo può cogliere un dettaglio nei dialoghi, dove il tributo apparirà esplicito.
Durante la realizzazione ci hai svelato che l’epopea era stata pensata più lunga di così: un viaggio in dieci libri. C’è la possibilità che continui?
No, non sarebbe corretto nei confronti dei lettori che da tanti anni aspettano questo Omnibus. Se dovessi far uscire, in futuro, i capitoli tra il secondo e il decimo, non mi stupirei di vedere qualche lettore fuori casa che mi aspetta per tirarmi addosso questo volume! [Ride] Nel libro, i "sette anni mancanti” sono in forma di proemio collocato prima dell’ultimo capitolo, corredato da una striscia verticale che lo illustra.
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Hai chiuso da poco il tuo lavoro per "Detective Comics". Ti va di parlarcene?
Sì, tre numeri scritti da Robinson che hanno visto Due Facce come antagonista. Mi sono divertito: per la prima volta, ho potuto disegnare ufficialmente il Cavaliere Oscuro. Mi sarebbe piaciuto restare sulla testata o sul personaggio: man mano che disegnavo Batman lo sentivo sempre più nelle mie corde. È stato bello mettere quel qualcosa di “mio”, per esempio il mantello di Batman tagliato in due nella parte posteriore, così quando volteggia sembrano le ali di un pipistrello vivente.
Cosa puoi anticiparci di "Leone: Appunti di una vita", graphic novel in uscita nel 2019 per ManFont?
Il progetto con Francesco Colafella è in lavorazione. Lui sta realizzando delle splendide pagine e stiamo portando avanti un ottimo lavoro di equipe: ognuno ha il proprio tempo e le proprie pagine per far vivere al lettore un distacco stilistico. La struttura è intrecciata, non solo sotto il profilo delle tavole, ma anche con vignette che andranno a incrociare stili e periodi storici. È una scelta legata alla narrazione: quando racconto una storia non penso al Fumetto standard, ma a essere onesto con me stesso. Voglio che sia un lavoro estremamente personale, sperimentare davvero e dare la possibilità al lettore di giocare, facendogli toccare qualcosa di davvero etereo.
Ultima domanda: come procede il lavoro da docente?
Al momento faccio solo piccole comparsate, perché secondo me “il pesce dopo un po’ puzza!” [Ride] A parte gli scherzi, insegno all’Accademia del Fumetto di Pescara da vent’anni, dove ho conosciuto, tra gli altri, anche Francesco Colafella, mio ex alunno. L’accademia ti offre la possibilità di conoscere molteplici stili e autori. Lì insegno anatomia e movimento, ma do anche dei consigli su letture e sul concetto di sequenzialità, oltre che sul disegno in sé.