Instant Family, la recensione

Instant Family è uno di quei rari casi in cui un film riesce a rendere "tenero, caldo e scaldacuore" tre aggettivi positivi e non negativi

Critico e giornalista cinematografico


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Sean Anders è tutto tranne che scemo anche se sembra non avere interesse a dimostrarlo.

Era possibile rendersene conto già in Daddy’s Home, commedia appartenente al genere “commedia con Will Ferrell” decisamente più riuscita della media, più equilibrata, divertente e soffice del solito, che nonostante la propria smaccata convenzionalità riusciva in ognuno degli obiettivi che si poneva, che raccontava una storia e faceva ridere là dove meno ce lo sì sarebbe potuti aspettare. La formula è ripetuta con ancora maggiore pregnanza ora in Instant Family, nel quale Anders racconta una storia che, evidentemente, gli sta più a cuore.

Siamo sempre dalle parti del cinema che parla di famiglie ma questa volta il tema è l’adozione. Pete e Ellie non avevano mai pensato ad un figlio e quando cominciano a farlo con una naturalezza che non ha nessun senso (ma funziona!) finiscono a caricarsi all’idea di adottarne uno. Attraverseranno l’iter dell’adozione, entreranno a contatto con diversi bambini e faranno la scelta più difficile, prendere due sorelle e un fratello, la più grande dei quali di 15 anni. Seguiamo tutti gli stadi dell’adozione, impariamo come i genitori adottivi facciano comunità tra di loro e come in America i figli in affido passino di famiglia in famiglia fino a quella giusta. Instant Family non nasconde un certo intento didattico ma lo rende adorabile non sbagliando mai nemmeno una scena.

C’è un cuore caldissimo, ovviamente, al centro del film, un cuore fatto di famiglie benestanti, pratini tagliati fini e comici parenti, ma è impossibile infastidirsi perché in Instant Family tutto sembra essere lì per una ragione, tutto contribuisce al grande risultato finale invece di suonare come un’aggiunta obbligatoria. Sean Anders (che ha anche scritto il film con John Morris), crea un film plastico, scorrevole e originale. Non usa nemmeno una delle battute che troviamo in altri film, dirige benissimo i suoi attori (in particolare Rose Byrne, una delle attrici di commedie migliori del momento) e fa funzionare la melassa come fosse materiale sensibile e complicato.

Infatti come se la zuccherosità fosse la lingua del film, Instant Family padroneggia lo smielato invece di farsene sommergere. Girato solo durante giornate di sole, inguaribilmente positivo e attraversato da una patina che rende tutto fantastico, è una commedia scaldacuore la cui tenerezza è concreta. Tutto ciò che negli altri film è pigro e mal realizzato qui è centrato nei tempi e nello svolgimento, nel montaggio e nella scrittura. C’è poco da dire e molto da inchinarsi di fronte ad una simile capacità di rendere Mark Wahlberg un tenero papà, di ideare personalità comiche per i ragazzi e di mandare in porto una storia che fin dall’inizio è chiaro come si svolgerà addirittura illudendo lo spettatore che tutto possa anche andare male.

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