Inside Out 2, la recensione
Sequel da manuale, Inside Out 2 non inventa niente, replica tutti i meccanismi del film originale, aumentandoli in numero e varietà. E bene
La recensione di Inside Out 2, il sequel del film d'animazione Pixar in uscita al cinema il 20 giugno
Questo non vuol dire però che si tratti di un sequel mediocre. L’idea alla base di Inside Out, l’assurda premessa di rappresentare i sentimenti, giustifica infatti un gruppo di personaggi estremi e non rende ridicolo qualcuno che sia solo gioia o sola rabbia. Anzi. Più viene ribadita la loro natura in ogni interazione più aumenta di senso, allargando lo spettro della loro influenza sull’animo umano. E quel meccanismo, cioè la possibilità di riconoscere dietro l’allegoria narrativa qualcosa di profondo e intimo, di proprio e comune ai propri simili è esattamente quello che rende Inside Out (1 o 2) capace di toccare nel profondo.
Ad evitare che diventi una blanda rassegna c'è l’energia contagiosa di Gioia (personaggio eccezionale) che tutto anima, il suo non darsi mai per vinta, il suo cercare di coinvolgere e contagiare tutti. L’incredibile dedizione al miglioramento della vita di Riley, stavolta con un nemico a cui contrapporsi (un’emozione che sembra remare contro Riley, anche se pensa di fare il suo bene) ma senza essere costretti a perdere qualcosa. Nel primo film un passaggio chiave per il ritorno a un equilibrio in Riley era la perdita di Bing Bong, amico immaginario che rappresenta la sua parte più infantile. Anche qui ci sono personaggi del passato di Riley, della sua età infantile, ma vengono integrati. La costruzione di un’identità per la ragazza (questo alla fine l’obiettivo di Inside Out 2) passa ovviamente per la convivenza delle emozioni e l’accettazione della complessità, ma non più per l’oblio di una parte di sé. E questo anche se a un certo punto ci viene offerto per un attimo uno sguardo sul segreto inconfessabile di Riley, qualcosa che nessuno può sapere, un gigante nero come la notte chiuso in un caveau, destinato a rimanere lì dentro per sempre. Forse lo spunto più interessante che non viene intenzionalmente colto per confermare la sua natura inconoscibile ma che poteva introdurre un po’ di vera novità in un film che fa benissimo il lavoro di replicare il primo.