Inside No. 9 (terza stagione): la recensione
Tra colpi di scena e ottimi episodi, torna Inside No. 9, la bella serie antologica inglese che mischia thriller, horror e commedia nera
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Un set cinematografico, un ristorante, un ufficio in un'università, una stanza per il karaoke, una casa, un'esibizione artistica. Sono queste le ambientazioni scelte da Reece Shearsmith e Steve Permberton per raccontare le sei storie che compongono la terza stagione di Inside No. 9. Contrassegnate tutte, in un modo o nell'altro, dal numero da cui prende il titolo la serie (nel quinto caso è il numero di una scarpa), sono ancora una volta teatro di scene grottesche, terrificanti, surreali, divertenti, il solito carnevale che mischia ruoli sociali e generi narrativi. Nessuna sorpresa sulla struttura della serie e sullo stile, molto simile a quello dei primi due anni. Ciò che colpisce è la capacità di proporre storie interessanti, ben scritte, sfruttando al meglio la dimensione antologica dello show.
Come ogni serie antologica, Inside No. 9 ha delle puntate più riuscite di altre, e anche in questo terzo anno è riuscita a mettere a segno alcuni colpi degni dei migliori episodi degli anni passati.
La stagione è poi ripresa dopo una pausa di due mesi con The Bill. Quattro amici al ristorante litigano su chi deve pagare il conto. Per moltissimo tempo costruzione dell'azione e della tensione tramite i dialoghi e nient'altro, ma quando si arriva al punto di dover fare sul serio la puntata non sbaglia il colpo. Il terzo episodio, The Riddle of the Sphynx, è forse il migliore della stagione. Mentre all'esterno infuria un temporale, una ragazza (Alexandra Roach, Utopia) si introduce di notte nell'ufficio di un professore universitario, decisa a capire qualcosa di più sugli enigmi contenuti nei cruciverba creati dall'uomo. Impossibile aggiungere qualcosa di più. Il cruciverba usato nell'episodio è apparso effettivamente sul Guardian il giorno di trasmissione (lo trovate qui).
Passo indietro con Empty Orchestra, in cui un gruppo di colleghi si ritrova per cantare al karaoke. Verranno fuori segreti e rivelazioni inattese. In Diddle Diddle Dumpling un uomo trova una scarpa smarrita da qualcuno, la porta a casa e da quel momento ne diventa ossessionato. Chiusura splatter, ma nemmeno troppo, con Private View, in cui alcune persone che apparentemente non hanno nulla in comune si ritrovano ad un'esibizione artistica. Premessa alla Dieci Piccoli Indiani e svolgimento abbastanza canonico.