Inside No. 9 (terza stagione): la recensione

Tra colpi di scena e ottimi episodi, torna Inside No. 9, la bella serie antologica inglese che mischia thriller, horror e commedia nera

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Inside No 9 (terza stagione): la recensione

Un set cinematografico, un ristorante, un ufficio in un'università, una stanza per il karaoke, una casa, un'esibizione artistica. Sono queste le ambientazioni scelte da Reece Shearsmith e Steve Permberton per raccontare le sei storie che compongono la terza stagione di Inside No. 9. Contrassegnate tutte, in un modo o nell'altro, dal numero da cui prende il titolo la serie (nel quinto caso è il numero di una scarpa), sono ancora una volta teatro di scene grottesche, terrificanti, surreali, divertenti, il solito carnevale che mischia ruoli sociali e generi narrativi. Nessuna sorpresa sulla struttura della serie e sullo stile, molto simile a quello dei primi due anni. Ciò che colpisce è la capacità di proporre storie interessanti, ben scritte, sfruttando al meglio la dimensione antologica dello show.

Se siete arrivati fin qui probabilmente sapete già in cosa consiste la serie. Lo show della BBC propone puntate antologiche, l'una scollegata dall'altra, ma sempre ambientate in uno spazio unico contrassegnato dal numero 9. Pemberton e Shearsmith sono presenze costanti in scena, ma interpretano sempre ruoli diversi e non c'è alcun collegamento tra gli episodi. La serie mischia toni e generi, e fino all'inizio dell'episodio non c'è alcun modo di sapere di cosa parlerà l'episodio e a quale genere farà riferimento: commedia nera, thriller, horror sono i più gettonati. In realtà spesso la confusione ci accompagna nel corso di tutta la puntata, e solo il plot twist finale ci permette di gettare una luce su ciò che abbiamo visto.

Come ogni serie antologica, Inside No. 9 ha delle puntate più riuscite di altre, e anche in questo terzo anno è riuscita a mettere a segno alcuni colpi degni dei migliori episodi degli anni passati.

Si è iniziato lo scorso dicembre con la messa in onda di The Devil of Christmas, episodio a tema natalizio uscito quasi come un'anticipazione della terza stagione. Con tecniche di ripresa appositamente vecchio stile, si ricostruisce e commenta un'immaginaria puntata di una "brutta" produzione televisiva. Una baita in montagna, un ambiente isolato, e su tutto la presenza incombente del Krampus, il diavolo del Natale. Ma c'è qualcosa che non va in quello che vediamo, qualcosa di non completamente a fuoco. L'episodio costruisce molto bene la tensione, lavorando su più livelli fino ad un finale spiazzante.

La stagione è poi ripresa dopo una pausa di due mesi con The Bill. Quattro amici al ristorante litigano su chi deve pagare il conto. Per moltissimo tempo costruzione dell'azione e della tensione tramite i dialoghi e nient'altro, ma quando si arriva al punto di dover fare sul serio la puntata non sbaglia il colpo. Il terzo episodio, The Riddle of the Sphynx, è forse il migliore della stagione. Mentre all'esterno infuria un temporale, una ragazza (Alexandra Roach, Utopia) si introduce di notte nell'ufficio di un professore universitario, decisa a capire qualcosa di più sugli enigmi contenuti nei cruciverba creati dall'uomo. Impossibile aggiungere qualcosa di più. Il cruciverba usato nell'episodio è apparso effettivamente sul Guardian il giorno di trasmissione (lo trovate qui).

Passo indietro con Empty Orchestra, in cui un gruppo di colleghi si ritrova per cantare al karaoke. Verranno fuori segreti e rivelazioni inattese. In Diddle Diddle Dumpling un uomo trova una scarpa smarrita da qualcuno, la porta a casa e da quel momento ne diventa ossessionato. Chiusura splatter, ma nemmeno troppo, con Private View, in cui alcune persone che apparentemente non hanno nulla in comune si ritrovano ad un'esibizione artistica. Premessa alla Dieci Piccoli Indiani e svolgimento abbastanza canonico.

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