Inganno, la recensione: una serie che vorrebbe ribaltare gli stereotipi, ma scivola in atmosfere da soap opera
Nemmeno la bravura e l'esperienza di Monica Guerritore e Pappi Corsicato possono salvare la serie Inganno dalla sua debole struttura narrativa
Le storie d'amore in cui esiste una grande differenza d'età portate al cinema e in tv non sono una novità e, puntando l'attenzione sul cinema, è impossibile non pensare a Il Laureato o al recente Babygirl che ha fatto conquistare a Nicole Kidman il premio come Miglior Attrice all'edizione 2024 della Mostra del Cinema di Venezia.
Cosa racconta Inganno
Gabriella (Monica Guerritore) ha 60 anni ed è proprietaria di un lussuoso hotel in Costiera Amalfitana, madre di tre figli ormai adulti e divorziata. A stravolgerle la vita è l'incontro con Elia (Giacomo Gianniotti): un giovane che ha la stessa età del suo figlio maggiore ed è affascinante, sicuro e con un lato oscuro. La grande differenza di età non impedisce tuttavia che tra i due nasca un legame pieno di passione e complicazioni che spingono i figli a reagire in modo anche estremo.
I difetti della serie
La serie Netflix si basa su Gold Digger, una produzione britannica che aveva come star Julia Ormond e Ben Barnes. Uno dei problemi principali del progetto italiano diretto da Pappi Corsicato è che, rispetto allo show originale, la relazione tra i due protagonisti è tratteggiata in modo tale da renderla il classico stereotipo di un'attrazione fisica poco sostenuta da un approfondimento psicologico. Le motivazioni di Gabriella, in particolare considerando le varie rivelazioni compiute sul passato di Elia, appaiono futili e, purtroppo, irrazionali, mentre le azioni del ragazzo sono prive di quell'ambiguità e introspezione necessarie a portare in scena una figura maschile di cui si possa comprendere il fascino e la capacità di convincere una donna matura e sicuramente non sprovveduta a continuare una relazione. La sceneggiatura di Teresa Ciabatti, Eleonora Cimpanelli, Flaminia Gressi e Michela Straniero rende inoltre i personaggi secondari, dai figli alle persone che ruotano intorno alla coppia, un'ipersemplificazione di categorie sociali, dall'influencer ossessionata dall'esteriorità all'imprenditore dalla vita privata, senza dimenticare nemmeno la presenza di una "villain" e giovani che stanno esplorando la propria sessualità.
Per sostenere ben 6 episodi è stato inoltre necessario inserire numerose svolte narrative che, inizialmente, fanno presupporre delle rivelazioni importanti, persino crime, che si sgonfiano poi molto rapidamente.
L'assenza di un confronto reale tra i personaggi, di passaggi intermedi tra le prime interazioni e la nascita di una relazione, di momenti di riflessione e di quotidianità priva di interazioni legate ai soldi o ai conflitti, rendono la visione più vicina a quella di una soap opera che a un dramma di livello. Le situazioni, e le emozioni portate all'estremo, non aiutano nemmeno a immedesimarsi o capire maggiormente i protagonisti, ottenendo in più momenti l'effetto opposto e conducendo progressivamente a un epilogo affrettato e che non rende giustizia al potenziale del personaggio di Gabriella.
Un cast dal potenziale inespresso
Monica Guerritore possiede senza alcun dubbio il talento e la presenza scenica necessaria a rendere Gabriella una donna dall'interiorità complessa e non banale, riuscendo a trasmettere i conflitti emotivi tramite il suo sguardo e la sua interpretazione.
Il personaggio che le è stato affidato, tuttavia, non ha lo spessore necessario ad allontanarsi nel modo adeguato dall'immagine della vittima influenzabile, in particolare a causa dei tanti momenti in cui emergono red flag relative ai suoi comportamenti e alle sue intenzioni.
Giacomo Gianniotti è fisicamente adatto al ruolo di un giovane che sfrutta il suo fascino per farsi strada nella sua vita, ma non sa trovare la chiave di lettura giusta per giustificare la svolta più importante nella storia del suo personaggio.
Il resto del cast fa quello che può con il materiale a propria disposizione, ma tra influencer tormentate e imprenditori padri di famiglia con troppi segreti e senza dimenticare donne dal passato e dalle intenzioni oscure, gli attori non riescono a dare ai vari personaggi il realismo e l'onestà emotiva necessari a mantenere l'attenzione del pubblico.
La regia di Pappi Corsicato offre comunque una cornice suggestiva per il racconto e cerca di valorizzare le performance dei protagonisti, confezionando un prodotto che potrebbe conquistare il pubblico internazionale che ama show un po' 'soapy', caratteristica sottolineata anche da una colonna sonora fin troppo drammatica.
Conclusione
Inganno aveva il potenziale di offrire un ritratto femminile attuale e rilevante, in grado di andare contro stereotipi molto usati al cinema e in tv. La serie, purtroppo, spreca l'occasione a propria disposizione e rimane ancorato a idee e strutture narrative fin troppo viste sugli schermi, risultando una visione comunque piacevole, ma facilmente dimenticabile che non rende onore al vero talento della sua protagonista.