Uno dei temi cari ai racconti dei nostri tempi è l'infezione. Lo insegnano le serie TV à la The Walking Dead o il più recente Black Summer, videogiochi come The Last of Us e Resident Evil.
Dark Blue Games ha ben pensato di riproporre l'argomento come motore propulsore della narrazione di
Infected Shelter, disponibile dallo scorso 8 maggio su PC in accesso anticipato (ma in forma ampiamente recensibile). La struttura narrativa di questo dungeon crawler roguelite post apocalittico si rivela in realtà fin da subito molto scarna e poco solida, come dimostra il brevissimo video introduttivo, di una manciata di secondi. Durante queste poche scene vediamo una ricercatrice in un laboratorio, l'attacco di alcuni ribelli e la sua conseguente cattura scatenano una letale epidemia. Questa fa chiaramente catapultare l'intero mondo nel caos, tra zombie che si avventano famelici sugli umani per cibarsene e agguerriti soldati che cercano di sterminarli. In questa apocalisse che sa di visto e rivisto chi meglio di noi per salvare il mondo?
[caption id="attachment_195906" align="aligncenter" width="1600"] L'azione può farsi decisamente sanguinolenta ed esplosiva[/caption]
L'azione si svolge in una serie di arena disseminate di zombie, soldati e strani marchingegni alieni che fluttuano a mezz'aria. Una delle caratterische principali di queste battaglie, affrontabili sia in modalità single player, sia in un massimo di 4 giocatori in multiplayer locale, è il gusto per il gore, non troppo disturbante, ma comunque con nemici vari e zombie che quando vengono dilaniati dalle armi si ricoprono di sangue e perdono pezzi del loro corpo. Ci faremo strada tra varie aree generate proceduralmente, che purtroppo hanno il difetto di rivelarsi quasi subito molto ripetitive. Il ritmo si farà sempre più serrato e i nemici sempre più forti e numerosi, ma noi non saremo da meno, vista la possibilità di potenziare il proprio personaggio, scelto tra diverse classi, dalla rockstar al femminile alla nipote con il nonnino in carrozzina, dal soldato menomato al tipico americano con gli occhiali modello Ray-ban e un fisico non proprio palestrato.
"quando il gioco si farà duro occorrerà fare sfoggio di combo particolarmente efficaci"Saranno loro gli eroi che, con diversi outfit e specifiche fisiche e tecniche, dovranno destreggiarsi con armi improbabili tra un gruppo di nemici e l'altro. Solitamente questi non saranno troppo difficili da battere, ma quando il gioco si farà duro occorrerà fare sfoggio di combo particolarmente efficaci (fortunatamente suggerite dall'IA), così da vedere il nostro avatar scatenare colpi fatali in scene appositamente zoomate. Durante l’avventura i personaggi avranno la possibilità di evolversi ogni volta che moriranno. La morte comporterà diverse conseguenze, oltre alla perdita delle monete accumulate, altrimenti spendibili prima di passare a miglior vita, si farà ritorno al campo base iniziale, dove, parlando con il colonnello, potremo migliorare le nostre abilità, a patto di aver trovato gli appositi progetti nelle aree di gioco e di avere i punti necessari per sbloccarli (che si ottengono uccidendo nemici). La quantità dei potenziamenti sbloccabili e la cura in essi riposta è una delle migliori qualità di Infected Shelter, tra armi, reliquie, abilità attive e passive.
[caption id="attachment_195907" align="aligncenter" width="1919"] L'accampamento nella foresta funge da hub principale[/caption]
Piacciono anche i toni della produzione, lontani dalla cupezza che ci si aspetterebbe, e che mettono invece in scena, anche al netto di una non perfetta commistione di stili, un mondo colorato, ironico, ridicolo e ai limiti dell'assurdo, che paradossalmente esalta il deciso carattere splatter di certe scene. Gradevoli sono anche i brani della colonna sonora, così come sono piuttosto apprezzabili gli effetti sonori.
In definitiva Infected Shelter è sicuramente apprezzabile, principalmente per la sua immediatezza, grazie a un gameplay intuitivo e a un livello di sfida abbordabile. Il multiplayer locale è un punto a suo favore, che solo parzialmente però eleva il valore di una produzione comunque abbastanza basilare nella maggior parte delle sue componenti e non (ancora?) dotata di quella profondità che le permetterebbe di spiccare nella vasta schiera di congeneri indie.