In Treatment - Settimana 3: la recensione

Terza settimana della serie trasmessa da Sky, e il prodotto continua a confermarsi con una scrittura matura...

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In Treatment è semplicemente un prodotto intelligente. Ed è un complimento non da poco in un panorama nostrano che non brilla per grande qualità. È intelligente nel suo approccio maturo alla storia, nel suo non essere consolatorio, ma soprattutto nella sua fiducia nello spettatore. Troppo spesso abituati in altri casi ad una chiave di lettura unica, semplicistica, scolpita nei volti degli interpreti e in ogni caso ben ribadita dalle parole, qui ci troviamo di fronte a qualcosa di diverso. Ecco, se dovessimo tirare le somme dopo tre settimane di programmazione, aldilà di tutte le analisi fatte in principio, l'elemento di maggior interesse sarebbe proprio questo: la volontà di restituire allo spettatore la sua capacità di giudizio, analisi e comprensione aldilà della lettura più immediata degli avvenimenti.

Sara: la seduta si riallaccia all'ultimo discorso di Giovanni con Anna, con il terapeuta che, un pò troppo bruscamente, introduce la possibilità di interrompere la terapia. L'ovvia reazione (forse quella voluta da Giovanni, che in fondo non vuole perdere la propria paziente) è quella di Sara che lascia arrabbiata lo studio. In poche settimane sembra essersi ribaltato quasi il rapporto tra i due e, come confermato da Anna il venerdì successivo, nonostante quello che pensi Giovanni, è Sara ad avere in mano la situazione.

Dario: da un approccio apparentemente passivo di Sara a quello apertamente aggressivo di Dario, che si presenta con in regalo una macchina per il caffè (un pò per mettere Giovanni in una posizione di disagio, un pò per lasciare qualcosa di sé nello studio). La discussione, che per il resto torna sempre alle similitudini tra Dario e suo padre, ma anche sui problemi di solitudine del figlio (e qui Giovanni ha un sussulto nel paragone con il proprio di figlio), verte presto sull'incontro tra l'uomo e Sara fuori dallo studio. Emergono bugie su bugie che i due, ignari l'uno dell'altro, si sono raccontati. Ad un certo punto la sorpresa: telefonata di Sara che evidentemente sa dove si trova Dario in quel momento. È quindi una telefonata indirettamente rivolta a Giovanni (che in effetti sembra abbastanza infastidito)?

Alice: la storyline della ragazza è sempre la più bella, la più delicata, la più emozionante. E soprattutto lo è in maniera sincera e naturale, mai costruita, mai artificiosa. Perché dovrebbe essere un problema ambientare tutto in una stanza se poi, nel momento del lungo monologo della ragazza, riusciamo con la fantasia a proiettare e quasi a vedere di fronte a noi tutta la sua storia? In ogni caso la soluzione della vicenda sembra vicina, le protezioni naturali (quasi dei totem) rappresentate dai due gessi stanno per crollare, il quadro è quasi completo (ed è molto meno sensazionalistico e più umano di quanto si potesse pensare). Manca solo l'elemento della madre da aggiungere all'equazione.

Pietro e Lea: ancora una volta tutta l'aggressività del rapporto di coppia, in un costante prevaricamento dell'uno su l'altro e nello scivolare di questa coppia in quella formata da Giovanni e Eleonora, che ritorna nel finale d'episodio. È questa forse, anche per la vicinanza alle sue vicende personali, la seduta che sfianca di più Giovanni e quella per cui la soluzione sembra davvero lontana.

Giovanni e Anna: per fortuna, o quasi, il giorno seguente avviene il solito bilancio settimanale con il supervisore. Un bilancio che stavolta in realtà si concentra solo su Sara, sulla presa di coscienza, anche se non completamente manifesta, da parte di Giovanni di come forse la situazione non sia poi così sotto controllo e soprattutto con una conclusione sintetica, lapidaria e violenta raggiunta da Anna, alla quale il terapeuta non risponde direttamente ma preferisce fuggire...

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