In the Fire, la recensione
C’è seriamente da mettersi le mani nei capelli da quanto sia scritto, montato e diretto male In the Fire di Conor Allyn.
La recensione di In the Fire, al cinema dal 14 settembre
Fin qui niente di strano, se non fosse che dall’incipit del film non si capisca chi e perché abbia chiamato la dottoressa visto che il padre, Don Marquez, subito si rivela ostile alla “nuova scienza”e il bambino lo vuole curare perché è convinto sia il male e non vuole in alcun modo una donna a curarlo. Questo nodo è logicamente irrisolvibile a fa crollare tutto, e la singhiozzante narrazione del film si dispiega come un mero susseguirsi di scene sterotipiche, sentite e piene di pathos fino al comico involontario, che non hanno alcun nesso causa-effetto e che arrivano a conseguenze comicamente catastrofiche.
A peggiorare il tutto ci sono poi le battute, agghiaccianti nella loro faciloneria e inutili per raccontare niente se non sentimenti grossolani che sono già stati abbondantemente dimostrati nelle numerose scene precedenti. Ad esempio il prete, dopo che la psicologa si è presentata davanti alla chiesa con un libro di psicologia, le urla con voce roboante: “Il bambino è in combutta con Lucifero! Ha cospirato per portare qui la carestia!”. A questo la psicologa risponde a muso duro e quasi piangendo: “La medicina moderna lo salverà, nessun prete o delirio sull’apocalisse!”. A seguire, tre drammatiche frustrate alla psicologa davanti alla chiesa da parte dello stesso prete.
Il forte dubbio che viene guardando il film, e che forse spiegherebbe tale pasticcio, è che si sia trattato di una produzione molto più grossa ed ambiziosa (la scenografia, il numero di comparse, i costumi e anche la fotografia sono infatti parecchio curati) che per un qualsiasi motivo è stata tagliata all’inverosimile e montata con l’accetta, lasciando di sé solo pezzi sparsi e incompatibili tra di loro. Un disastro inaccettabile su tutti i fronti.
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