In the Earth, la recensione | Trieste Science+Fiction Festival 2021

In The Earth, film diretto dal britannico Ben Wheatley, trasporta in un mondo sospeso tra realtà e follia, regalando un'opera molto originale

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In the Earth, la recensione | Trieste Science+Fiction Festival 2021

Ben Wheatley (Kill List, Rebecca) ha girato il suo nuovo film In The Earth durante la pandemia e ha confezionato una storia che unisce attualità ed elementi legati al paganesimo britannico, aggiungendoci una buona dose di allucinazioni e ossessioni.

Al centro della trama c'è uno scienziato (Joel Fry) che, mentre si va alla ricerca della cura per un terribile virus, arriva in un avamposto governativo fuori Bristol per collaborare allo studio di ricerca della sua ex collega Olivia Wendle (Hayley Squires). L'uomo, insieme alla guardia del parco Alma (Ellora Torchia) si avventura quindi nella foresta per controllare le attrezzature, ritrovandosi però vittime di un attacco compiuto di notte e imbattendosi in un vagabondo, Zach (Reece Shearsmith) che si nasconde dal resto della civiltà e nasconde delle motivazioni oscure ed enigmatiche.

Il livello di stranezza ed eccentricità che contraddistingue la storia di In the Earth è particolarmente elevato, tra riti inquietanti e una misteriosa nebbia allucinogena e Whatley, autore anche della sceneggiatura e del montaggio, riserva più di una svolta violenta e terrificante agli spettatori, trasportati una realtà che appare quasi sospesa nel tempo e nello spazio.
Con un mix ricco di spunti che parte dall'idea che lo sfruttamento della natura possa portare a conseguenze inaspettate e drammatiche e tocca le conseguenze di una fede ossessiva e irrazionale, la struttura narrativa di In The Earth, che ha comunque il merito di non prendersi mai troppo sul serio, appare un po' confusa e incerta, affidandosi quindi alle interpretazioni convincenti del proprio cast, in particolare quelle di Joel Fry ed Ellora Torchia che rimangono sospesi tra serietà e un senso di smarrimento perfetto per la situazione mentre Shearsmith e Squires hanno maggior libertà dal punto di vista espressivo, per sostenere un racconto bizzarro e affascinante che ben si inserisce nella filmografia di Ben Wheatley.
Grazie alla collaborazione con il direttore della fotografia Nick Gillespie e il compositore Clint Mansell, essenziale per delineare l'atmosfera che contraddistingue la storia, il regista propone un'esperienza cinematografica sopra le righe che intrattiene con la sua imprevedibilità e follia.

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