In difesa di Jacob: la recensione
In difesa di Jacob è un buon thriller che elabora la sua storia drammatica con un elemento di inquietante incertezza
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La premessa di In difesa di Jacob ricorda quella del thriller anni '90 Prima e dopo e, curiosamente, in entrambi in casi il figlio della coppia ha lo stesso nome. Basta questo paragone a mostrare come, in effetti, la vicenda della miniserie trasmessa da Apple TV+ non brilli per complessità o originalità. Eppure, forse perché così immediato, il tema della serie riesce a coinvolgere fin da subito lo spettatore e a trascinarlo in una morsa che si mantiene tesa per tutte le otto puntate. Una vicenda che in più di un momento sfida la propria verosimiglianza, ma che riesce a convincere grazie ad un cast forte e ad un elemento di inquietante incertezza.
Il protagonista della serie non è mai Jacob. Non potrebbe esserlo, perché altrimenti verrebbe a cadere tutta la premessa della storia. Colpevole o innocente? La prospettiva sulla storia allora ricade sulle spalle dei due genitori, e soprattutto sul padre Andrew. Personaggio costruito in ogni aspetto per essere integerrimo, al di sopra di ogni sospetto, quasi una maschera di perfezione ambulante. Ma, appunto, pur sempre una maschera. Ci sono dei trascorsi tragici nel suo passato dai quali ha cercato di distaccarsi il più possibile, anche intraprendendo la carriera di procuratore distrettuale. E c'è quindi il fantasma del male latente che ritorna, ma sotto forma di un terribile crimine di cui potrebbe essersi macchiato il figlio.
Le prove di tutto il cast donano forza e concretezza ad un intreccio che arrischia qualche esagerazione e inciampo sul finale. Da non sottovalutare la scrittura e l'interpretazione sfuggente di Jacob, puntellata ora da una barzelletta ora da uno spunto nervoso lasciato lì e mai totalmente spiegato. In questi margini di incertezza, in queste zone di grigio, In difesa di Jacob si eleva oltre i limiti della propria storia e riesce a diventare sinceramente inquietante.