Improvvisamente a Natale mi sposo, la recensione

Privo di uno spunto reale, determinato a mettere insieme keyword e calcato su Guareschi, Improvvisamente a Natale mi sposo è già un classico

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Improvvisamente a Natale mi sposo, la commedia natalizia in sala dal 7 dicembre

Più ci si avvicina al periodo di Natale più si fa forte l’esigenza di non farsi trattare dai film come gli esperti di SEO trattano Google. Cioè di non farsi sottoporre una serie di temi chiave uno dopo l’altro, affiancando termini e scene utili ad attirare interesse anche senza che poi la concatenazione logica abbia un senso. Improvvisamente a Natale mi sposo, fin dal titolo, affianca le keyword giuste che la tradizione ha affermato come quelle cruciali, e poco importa quanto poi siano effettivamente sviluppate nel film. Perché se l’anno scorso Improvvisamente Natale aveva almeno uno spunto (ricreare il Natale in estate per tenere una famiglia unita) stavolta non c’è nemmeno quello e il film somiglia alla puntata di una serie tv: nuove avventure per stessi personaggi, nello stesso ambiente, senza nessuna conseguenza.

La nuova aggiunta è Carol Alt, la nuova possibile moglie del nonno Abatantuono. Lei entra in scena in una cena nella quale dimostra di conoscere i suoi nuovi familiari, facendo a noi il pitch dei loro caratteri, cioè raccontandoceli come fossimo dei produttori che devono decidere se finanziare o no il film. Ed è una delle parti migliori di tutto Improvvisamente a Natale mi sposo! Perché a differenza del Mago Forest e di Violante Placido, Carol Alt si impegna tantissimo, ci mette energia e una voglia di fare che di solito non albergano in questi film. Diego Abatantuono invece come sempre gioca in un altro campionato quanto a dinamismo, stavolta addirittura dimostrato da un numero estremamente limitato di scene in piedi (9 circa). Quando compare è quasi sempre seduto (a un tavolino spesso, o a una poltrona o su un letto o una panca) e pronuncia battute più che recitare.

Difficile non chiedersi, durante la visione, cosa avremo in cambio di questo film? Il precedente era stato bilanciato da Svegliami a mezzanotte, bellissimo documentario che Patierno aveva realizzato dopo aver incassato quel che gli spettava da Improvvisamente Natale. Quest’anno ha in lavorazione La cura, un altro documentario, che si spera di nuovo valga la pena di aver avuto tutto ciò, ovvero una versione mal masticata di Guareschi, con tutto il conservatorismo e il desiderio sfrenato di restaurazione che lo accompagna. 

Che Don Camillo e Peppone costituiscano la matrice di molti di questi film, fatti di facili opposizioni che si risolvono sempre in una sostanziale identità (nazionale) non è una novità, ma Improvvisamente a Natale mi sposo lo mette particolarmente in evidenza. Un altro nuovo personaggio è infatti il sindaco progressista (interpretato da Elio), attento al politicamente corretto, all’ambientalismo e a tutto quello che c’è di moderno. E per questo ridicolo. Come moderno in fondo era l’arrivo del comunismo nell’Italia degli anni ‘50. È qualcosa che ovviamente minaccia e si oppone al parroco (Nino Frassica) ma soprattutto ai giovani, dei quali il sindaco sembra non curarsi, perché (e questo lo dice il film!) sembra prendere di mira tutto quello che a loro sta più a cuore, nell’ordine: la tombola, l’albero di Natale in piazza, le luminarie e soprattutto il presepe vivente, da sempre un cardine della cultura giovanile.

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