Immortals - la recensione
Tarsem Singh passa al cinema mainstream: Immortals è un film che mette in evidenza meriti e limiti di un regista visionario, con un grande Mickey Rourke...
Tarsem Singh non è un regista prolifico. Piuttosto conosciuto per i suoi numerosi lavori pubblicitari e i suoi videoclip musicali, ha realizzato solo tre lungometraggi in dodici anni: The Cell, The Fall e Immortals.
Immortals si contrappone nettamente a The Fall: il film del 2006 era stato girato in esterni con le tecniche di un secolo fa, questo è stato girato completamente in teatro di posa con un uso ingente di effetti visivi. The Fall era un film molto personale, una fiaba semplice e complessa al tempo stesso (e, non dimentichiamo, un omaggio al cinema di una volta), mentre Immortals è un prodotto di intrattenimento basato su un racconto breve ispirato a sua volta alla mitologia greca. Purtroppo per Tarsem il passaggio al cinema mainstream non è stato indolore: in Immortals emergono in egual misura le qualità di questo regista e il suo limite più evidente (e dichiarato), ovvero il suo disinteresse nei confronti della trama e nello storytelling.
Il problema di Immortals è poi l'assenza di un discorso coerente in termini di ritmo: Tarsem non si preoccupa infatti di scandire in maniera omogenea i semplici passaggi della trama, e così nel costruire messe in scena curate e visivamente straordinarie finisce addirittura per sottolinearne i punti deboli, alternando lunghi momenti di pura contemplazione (che ironicamente corrispondono ai dialoghi più banali) a concitate scene d'azione estremamente violente. Addirittura, a volte costruisce scene visivamente straordinarie ma prive di alcun senso logico (l'immagine dei protagonisti che si ripuliscono dopo il maremoto è fantastica, ma per quale motivo il mare era pieno di petrolio?).
Anche le scelte in termini di cast appaiono discontinue: se da un lato Henry Cavill dimostra di avere una presenza e un carisma da eroico protagonista, così come l'Iperione di Mickey Rourke risulta di gran lunga il personaggio meglio caratterizzato (merito probabilmente anche del lavoro dello stesso attore) - e infatti sarà il confronto fisico finale tra loro due la scena più coinvolgente dell'intero film - dall'altro Freida Pinto non riesce a rendere tridimensionale la scialba Fedra.
Dove Tarsem mantiene tutte le promesse è sul piano visivo, quello che evidentemente a lui interessa di più: il regista di origine indiana costruisce le proprie inquadrature ispirandosi ai quadri pre-rinascimentali e caravaggeschi, infarcendole di dettagli che non derivano unicamente dalla cultura greca, anzi: come sempre c'è tanto del suo gusto personale, tanti riferimenti a Parajanov e tanta originalità (soprattutto nei costumi del premio Oscar Eiko Ishioka). E così alcune immagini sono senza dubbio indimenticabili (soprattutto l'Olimpo), altre meno riuscite (il realismo fiabesco tipico di Tarsem a volte cade davanti all'uso degli effetti visivi).
E poi c'è il 3D: Immortals presenta una delle riconversioni più riuscite e interessanti finora, anche perché voluta fin dall'inizio. Se il 3D di James Cameron propone una immersività con fini narrativi (e anche per questo il regista insiste tanto sul girare i film direttamente in stereoscopia), quello di Tarsem è un 3D con fini estetici, proprio come il suo cinema. Riconvertendo le immagini in post-produzione (ma costruendole sin dall'inizio in tre dimensioni, la decisione di realizzare il film in 3D è stata infatti presa sin dall'inizio) il regista è riuscito a creare una sorta altorilievo scultoreo in movimento.