Immaturi - Il viaggio, la recensione
Con la medesima trascuratezza e la medesima sciatteria del primo film, Immaturi - Il viaggio non cambia una virgola se non lo scenario...
C'è un momento, in Immaturi - Il viaggio, di paradossale contatto con un capolavoro della bruttezza filmica e del trash (in)volontario: Troppo Belli. E' quando Raoul Bova, dopo una notte in cui ha bevuto diversi shot di tequila (che nella scena sta ancora tracannando dalla bottiglia), si trova sulla spiaggia di un'isola greca con una spagnola bellissima e vogliosissima ma è intenzionato a resistere dal fare chissà cosa per non tradire la moglie, la quale in quel momento non è nemmeno sull'isola. Le sue resistenze sono però sono fiaccate dal fatto di essere ubriaco.
Si tratta di un momento che riassume tutto quello che non va nei due film di Immaturi: commedie basate su stereotipi (l'uomo che crede di poter essere fedele, la spagnola vogliosa di italiani) e luoghi comuni (la spiaggia di un'isola greca, la bottiglia di tequila) che cercano di fare un apologo morale (resistere al tradimento e, in seguito, tirare la morale su come ci si debba comportare in questi casi) con il massimo della sciatteria e il minimo della ricerca di una voce personale (da cui il paragone con Troppo Belli).
E non si salvano di certo i molti altri caratteri messi in scena dagli altri (numerosi) protagonisti. Tutte figure che dovrebbero rappresentare profili e fenotipi umani differenti presenti nella realtà e che sono sempre e comunque visti con il massimo della bonarietà, come se i loro difetti (e per estensione quelli delle tipologie umane cui appartengono) alla fine non contassero nè influissero di fronte al sentimentalismo esplicito, di fronte ai buoni sentimenti che tutto lavano.
Lungi dal voler mettere in discussione qualcosa, apportare un punto di vista particolare o cercare di mostrare le contraddizioni e idiosincrasie dei luoghi comuni in cui rimesta, Paolo Genovese con Immaturi - Il viaggio confeziona un film fotocopia del precedente a cui cambia solo lo sfondo. L'idea è ripetere il successo del primo a solo un anno di distanza, il risultato è un altro film che, pur sfruttando molto di meno l'effetto nostalgia (solo qualche canzone d'epoca rifatta), ripropone il medesimo grado di ruffianeria e condiscendenza verso quel pubblico che potrebbe (e dovrebbe) riconoscere nella trama e nei protagonisti se stesso o il mondo che lo circonda.