Il Vegetale, la recensione
Pensato per essere uguale a tutte le altre commedie italiane, Il Vegetale è il solito racconto di fuga nella provincia, ma con una narrazione confusa e nessuna idea di cinema
A suggerire questa ricostruzione (totalmente inventata) è la maniera in cui Il Vegetale arranchi per gran parte della sua durata e sembri avere un unico concetto molto chiaro: voler essere come tutte le altre commedie già viste e apprezzate, voler dire al pubblico di riferimento quel che gradisce sentirsi dire nella maniera cui è abituato a sentirselo dire.
Quale sia il pubblico desiderato dal film è abbastanza chiaro dalla scelta dell’attore protagonista, Fabio Rovazzi, youtuber d’ambito musicale alla sua prima vera prova da attore, per sua sfortuna non aiutato in nessuna maniera dal film o da Gennaro Nunziante a dare il proprio meglio. Se ci fossero ulteriori dubbi poi il pubblico desiderato è anche svelato da come e quanto il film blandisca Fabio e i suoi coetanei, onesti (onestissimi!) e quand’anche furbi, come il suo coinquilino, comunque sempre simpatici, vessati e quasi in diritto d’essere sfiduciati verso la società. Contrapposti a loro sono i genitori, la vecchia Italia delle truffe, vista come il passato ancora ingombrante contrapposto ad un presunto presente sano e corretto.
È questo un resoconto fin troppo asciugato di una trama in realtà raccontata malissimo, piena di digressioni, dettagli fuorvianti e momenti di immotivata lentezza, una che inizia in una maniera e finisce in un’altra, facendo grandissima fatica in mezzo a gestire la transizione, che non ha nessuna voglia di spiegare, contestualizzare e dare un po’ di corpo ai personaggi (anche solo per rendere più divertenti le loro battute) e preferisce ammucchiare situazioni a favore dell’ingenuo protagonista, inevitabilmente vittima di una società cattiva, con l’espressione perenne da cane bastonato ma un grande armadio di vestiti di marca da far ruotare.