Il treno dei bambini, la recensione: un'avventura nazional-popolare tra ricordi e speranza

Cristina Comencini, con Il treno dei bambini, ci guida in un viaggio tra la Napoli del Dopoguerra e la Modena industriale

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Come può essere possibile che un uomo riceva da sua madre la notizia che la mamma è morta? Accade a un noto musicista pronto a esibirsi in un anno imprecisato del Dopoguerra (potrebbero essere gli anni '90).

Per capire questo bel paradosso posto nei primi minuti de Il treno dei bambini, la regista Cristina Comencini ci riporta indietro nel tempo dentro una Napoli in macerie del 1946, dove quel noto musicista dal chiaro accento emiliano era un bambino napoletano di otto anni pelle e ossa di nome Amerigo. Lo seguiremo per viottoli, macerie, bugigattoli dove la madre fa l'amante di un camorrista e piazze dove Amerigo proverà a camuffare delle “zoccole” in ermellini per fregare le concittadine ricche. Basterà un po' di pioggia per svelare che in realtà quei raffinati animali da pelliccia sono dei giganteschi topi. Quando il nostro protagonista pare destinato a una vita umile ricca di stenti, ecco il PCI organizzare i Treni della felicità, ovvero periodi di stanziamento dei bimbi del disastrato Sud nel ricco Nord per permettere alle famiglie naturali di rimettersi in piedi in attesa di tempi migliori.

Il film della Comencini è una bella avventura nazional-popolare tratta dall'omonimo libro di Viola Ardone. Attraverso le peripezie di un bambino alle prese con un nuovo contesto sociale Comencini racconta due tipologie di donne e società: la madre naturale fatalista e rassegnata al peggio in quel di Napoli e quella idealista, ma schiacciata anche lei in chiave più subdola dal maschio, dentro una Modena dove le signore si stanno sindacalizzando e qualcuna di loro può anche vivere da single senza essere considerata svergognata o snaturata. Anzi la regista è perentoria nel condannare il Sud per un Nord più sensibile, pronto all'ascolto e capace di rimettersi in gioco nei rapporti uomo-donna. Questa presa di posizione così netta un po' stupisce dentro un cinema italiano di solito attento a non scadere nel campanilismo.

Film estremamente interessante che, ricordando i Treni della felicità, recupera in questa Festa di Roma, per la seconda volta dopo Berlinguer – La grande ambizione, un'immagine storicamente positiva ricoperta dal Partito Comunista Italiano. Cast di bimbi super a partire da Christian Cervone nei panni di Amerigo. Brave anche le mamme Serena Rossi (Napoli) e Barbara Ronchi (Modena).

Un buon 2024 per le sorelle Comencini. Stupendo Il tempo che ci vuole di Francesca. Più che discreto questo Il treno dei bambini della sorella maggiore Cristina.

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