Il trattamento reale, la recensione
Il trattamento reale col reale ha davvero poco a che fare. La colpa non è la sua frivolezza ma l’incapacità, dentro di essa, di attuare una qualsivoglia variazione sul tema
È del 2022 ma è come se fosse uscito all’inizio degli anni Duemila Il trattamento reale. Questa commedia romantica scritta (da Holly Hester) e diretta (da Rick Jacobson) senza pretese, infatti, pur assolvendo pienamente al suo compito di “rassicurare e motivare” (con la fairytale di una giovane ragazza che trova il suo posto nel mondo e con esso il grande amore - e viceversa) soffre immensamente la retrograda idea narrativa che la sottende: raccontare la storia d’amore a lieto fine tra un ricco infelice e una povera dal cuore d’oro, dove la bontà naturale di quest’ultima (che ne è la caratteristica principale) è ciò che, guarda caso, fa aprire agli occhi al ricco viziato e un po’ ignorante (la caratteristica principale di lui).
Per quanto la frivolezza sia il carattere distintivo del film (con la promessa di un racconto leggero e di buon cuore che viene totalmente mantenuta), è infatti impossibile guardando Il trattamento reale non avere la sensazione che ciò che racconti sia totalmente avulso dalla realtà, e che la sua interpretazione - giustamente - macchiettistica del mondo sia ormai priva di senso perché priva di qualsiasi sforzo per renderla attuale.
Il trattamento reale, insomma, col reale ha davvero poco a che fare. La colpa, lo ribadiamo, non è la sua frivolezza: è appunto l’incapacità, dentro di essa, di attuare una qualsivoglia variazione sul tema, di rivelare quantomeno di essere figlio del suo tempo. La sua anonimia è quasi un prodigio.
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