Il simpatizzante, la recensione della miniserie con Robert Downey Jr.
La recensione completa della miniserie Il simpatizzante, creata da Park Chan-wook e ispirata allo scritto di Viet Thanh Nguyen
Il primo episodio de Il simpatizzante si guarda con la bocca aperta per l'ammirazione e con il sospetto che abbia dato tutto lì. Non è possibile, si pensa, che Park Chan-wook, che ha adattato insieme a Don McKellar il libro premio Pulitzer di Viet Thanh Nguyen, mantenga per tutta la serie il livello di inventiva della prima ora. Infatti non è così, Il simpatizzante cala negli episodi successivi. La notizia però è che non lo fa di molto, non come ci si aspetterebbe! Ne risulta così una miniserie incredibilmente densa di idee. Dove il proposito guida è mettere in scena tutto ciò che il cinema ha già fatto vedere... in un modo che non è stato mai fatto prima. Stile, però con sostanza.
Il primo grande momento è la caduta di Saigon. Un evento che cambia tutte carte in tavola e rende l'episodio pilota quasi un prologo, più che un vero inizio. Con tutta l’enfasi possibile Park Chan-wook riprende una corsa verso un aereo come i passi più importanti di un’esistenza. Dà una consistenza tattile, un realismo ai magnifici set e allo stesso tempo spara al massimo la componente stilistica della messa in scena tanto da impedire ogni immersione “realistica”.
A produrre il tutto c’è anche Robert Downey Jr. qui anche attore e in costante overacting. È insopportabile, perché usato per una grande idea che stanca subito. Lui interpreta ben quattro personaggi americani. Ciascuno con un aspetto e un’inflessione diversa (dalla parlata profonda del politico a quella “gay”, le sue sono più macchiette che personalità). Il senso? Sono tutti e quattro dei simboli degli angoli dell'America, sono delle persone di potere che comandano come registi nelle loro discipline.
Sta qui l’ispirazione che eleva Il simpatizzante sopra l’esercizio di stile prolungato: avere una gran voglia di raccontare una tragedia della storia da una prospettiva inedita e farlo con una grandissima ironia. Saltellando di qua e di là nei generi, la regia riesce a problematizzare tutto. C’è da mandare un messaggio segreto? Le spie non ce la fanno e basta, ma dovranno ingegnarsi prendendosi il tempo di intere sequenze. Così come adattarsi in un altro paese richiederà tempo, o anche solo decidersi se ammazzare o meno una persona chiave. Tutto ne Il simpatizzante sembra avere un arco narrativo e una ragione di esistere. Questa cura è ciò che rende una visione piuttosto difficile e frammentata, un’imperdibile esperienza televisiva a cui ci si abbandona più che volentieri.