Il Settimo Splendore, la recensione
Recensione di Il Settimo Splendore, graphic novel introspettivo e profondo di Leonardo Favia ed Ennio Bufi
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
Il problema di Modì, forse, è questo: è troppo abituato ai segreti e a mantenerli. Ecco perché ha imparato a fingere molto bene. Del resto dev'essere difficile essere sinceri quando non si ha la minima idea di cosa sia vero e cosa sia falso nella propria vita. Modì ci prova ad essere felice assieme ai suoi nuovi amici parigini, all'umanità che incontra nell'ostello di cui è ospite. assieme alla ragazza che si innamora di lui e alle persone che si sforzano di stargli accanto. E nel frattempo continua la sua indagine tra vecchi amici e vecchi amori dela madre, guidato da un diario dalle pagine strappate e dal suo desiderio di capire, dalla sua ossessione costante: sono destinato a commettere gli stessi errori di mamma? Sono condannato ad essere come lei? Oppure, che sarebbe anche peggio, voglio essere come lei, isolarmi da tutti, trovare sempre una scusa per non farmi andare bene nulla e nessuno? Modì troverà le sue soluzioni e le sue risposte con grande, notevolissima fatica, tramite errori e scelte sbagliate, ripensamenti e dubbi, messe in discussione delle proprie certezze e cambi di prospettiva del tutto inaspettati.
Due sono i difetti fondamentali che hanno reso Il Settimo Splendore un'opera in qualche modo incompiuta, per quanto per nulla banale e con diversi pregi. Innanzitutto il fatto che un fumetto sull'amore, sulla difficoltà di accettarlo, sulle sfide che propone e sulla sincerità (prima di tutto con se stessi) che richiede, non riesca mai a regalarci emozioni forti. La storia è molto introspettiva, ma non sale mai di tono dal punto di vista emotivo, vuole essere analitica come il procedimento che porta a completare un puzzle, quello della personalità di Modì che è tutta quanta in divenire, a cui mancano dei pezzi fondamentali, piena di vuoti da colmare. Una scelta sicuramente consapevole , confermata anche dalla regia della pagina e dalle scelte di messa in scena degli eventi potenzialmente più toccanti. La seconda ragione, che con la prima è strettamente connessa, è la marginalità in cui rimangono sostanzialmente confinati gli altri personaggi. Chi è davvero Isabelle, la ragazza di Modì? E che tipo è Henry, il suo nuovo amico, al di là di un festaiolo disordinato e infedele? Lo sguardo di Favia, e di conseguenza il nostro, rimane puntato sul protagonista. Ma se la sua storia è quella di un ragazzo che diventa uomo smettendo di distribuire colpe (a se stesso e agli altri) e imparando a vivere i propri rapporti in maniera sincera e non mediata dal sospetto, dal difendersi dagli altri, non sarebbe stato importante conoscere davvero e meglio questi "altri", i destinatari del rinnovato affetto di Modì, finalmente in grado di viverlo pienamente?