Il segreto di Liberato, la recensione
Documentario inattendibile, girato dallo stesso team che lavora con l'artista, Il segreto di Liberato fa esattamente il lavoro dei videoclip
La recensione di Il segreto di Liberato, il documentario su Liberato di Francesco Lettieri in uscita il 9 maggio
Le implausibilità in questa storia di Liberato e in questo dietro le quinte di come funziona la sua gestione non si contano. Il lavoro dietro alle imprese è raccontato come il grande cazzeggio di un gruppo di amici che si divertono, tutto molto spontaneo e ingenuo, animato dal desiderio di dare schiaffi al sistema e farsene gioco. Senza contare la grandissima contraddizione tra la scelta di non mostrarsi in volto (cruciale per il personaggio e il progetto) e aver sovradocumentato audiovisivamente fin dall’inizio ogni passaggio. Liberato, l’artista che non si mostra, è quello di cui abbiamo più riprese. Il segreto di Liberato dunque da un lato è fatto dalla cronaca audiovisiva della carriera di Liberato, dagli inizi (quando ha contattato Lettieri) all’esplosione online, poi l’etichetta musicale e poi i tour. Dall’altra dalla origin story, in forma animata, cioè da dove viene il personaggio, qual è il passato di Liberato, a partire dal liceo fino a quando è diventato “Liberato”, cioè ha assunto un’altra identità.
Di nuovo è esattamente la struttura dei videoclip, solo allargata: una storia di ragazzi, di amori e aspirazioni che esprima i valori da attribuire al performer, inframezzata dai live e dalle immagini reali dei tour. La cosa curiosa è che il Liberato delle immagini vere (quello sul palco e quello con il passamontagna dietro le quinte) non ha lo stesso atteggiamento del Liberato animato, sembrano due personaggi diversi, quello vero più sfrontato, di strada e sicuro di sé, l’altro sensibile e romantico, ingenuo e fragile. Il film animato è fatto per trasmettere romanticismo, senso della mancanza di qualcosa che sta nel passato (come molte canzoni), rivela l’origine del nome e il perché del mistero sull’identità legandoli a un ricordo e soprattutto a un amore mai realizzato in pieno. È vero? Probabilmente no. Importa che sia vero? Sicuramente no. L’arte è costruzione di un immaginario e l’immaginario di Liberato è coerente, ben fondato, perfettamente in armonia con la musica e soprattutto evocativo, che è esattamente ciò che manca (da sempre) alla musica italiana.