Il sangue dei vinti

Italia, 1943-45. Una famiglia viene stravolta dalla guerra e dalle lotte tra partigiani e fascisti. Scatenerà bufere politiche, ma il vero problema è che è un film insulso e retorico, costruito molto male...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloIl sangue dei vintiRegiaMichele SoaviCastBarbora Bobulova, Giovanna Ralli, Philippe Leroy, Michele Placido, Stefano Dionisi, Alessandro Preziosi, Alina Nadelea 
UscitaAprile 2009 

Chi scrive ha apprezzato molto gli ultimi libri di Giampaolo Pansa, a cominciare da Il sangue dei vinti. Al di là di polemiche poco efficaci e sterili (come se l'importante fosse sapere a chi giovano i suoi lavori), mi sembra interessante conoscere delle storie e un'Italia poco nota, piena di grandi e piccole tragedie personali. Che poi, ultimamente, Pansa forse si sia un po' montato la testa e magari abbia perso di vista il suo vero obiettivo (il dopoguerra), preferendo parlare delle sue polemiche personali, è ovviamente un altro discorso, decisamente meno entusiasmante. Ma dal materiale presente ne Il sangue dei vinti, si poteva comunque costruire una storia notevole e avvincente, al di là delle opinioni politiche.

Il risultato, francamente, è poco comprensibile. La versione 'cinematografica' che abbiamo visto oggi dovrebbe essere semplicemente più corta di quella televisiva, mantenendo comunque la stessa struttura. Se è così, non si capisce bene cosa c'entri con il libro di Pansa, considerando che si svolge interamente nella cornice della guerra e non parla quindi dei 'vinti' del dopoguerra. In effetti, lo scopo dovrebbe essere quello di provare pietà anche per chi ha combattuto dalla parte sbagliata e ha incontrato una morte prematura, forse anche ingenerosa. Il problema è che, dovendo creare un'unità narrativa coerente, Michele Soavi pone l'attenzione su una vittima talmente 'sbagliata' e poco difendibile (in senso drammaturgico più che storico), da rendere tutto l'impianto poco efficace, compresa la 'ricerca' che compie il protagonista più vecchio. Si arriva a mettere in bocca a Placido delle parole assurde e senza senso sul finale, in un tentativo di empatizzare per tutte le vittime, di qualsiasi schieramento, che in questo caso risulta decisamente folle.

Tuttavia, va chiarito subito che, come spesso capita in questi casi, il problema non è politico, ma esclusivamente artistico. Il film, infatti, è completamente sbagliato, fin dall'impostazione. La cornice con il protagonista e la bambina diventata grande è pessima, in un rapporto che risulta incomprensibilmente teso. Ma ovviamente i guai maggiori si trovano in tempo di guerra, con due vicende che si mischiano malamente tra loro. La parte 'poliziesca', infatti, è demenziale e insensata, con una rivelazione sorprendente che non sta in piedi. Invece, per quanto riguarda l'aspetto del dramma familiare, purtroppo si ha una forte impressione di programmaticità e di dramma a buon mercato, reso ancora più fastidioso dall'idea di presentare come fratelli il sessantaduenne Michele Placido e la giovane Alina Nadelea.

Purtroppo, Michele Soavi non sembra prorio sia stata una scelta felice da parte dei produttori. Intanto, per le scelte tecniche dietro alla macchina da presa, a cominciare dalla pessima fusione di autentico materiale d'archivio e film vero e proprio, fatta evidentemente per risparmiare. Ma di momenti pessimi ce ne sono tanti, dal cavallo che corre impazzito tra i detriti alla cartina dell'Italia spezzata dai proiettili (wow, che metafora sottile!). In certi momenti, si sfiora il trash, come quando un amico della famiglia arriva in macchina inconsapevole di quello che sta succedendo. O nello spettacolo finale, una versione moderna dell'Antigone che sembra fatta da Brecht (peraltro, come si può pensare che uno spettacolo del genere sarebbe stato rappresentato nell'Italia fascista?). Sui ralenti 'commoventi', poi, meglio evitare ogni commento.

Purtroppo, viene da pensare che ci sia la mano di Soavi anche nella pessima recitazione generale del cast. Francamente, non mi ricordo una prova più brutta di Michele Placido nella sua carriera, con frasi allucinanti dette senza nessun sprezzo del pericolo ed espressioni eccessive in ogni occasione. Ma anche Alina Nadelea non riesce a offrire quello che sarebbe necessario in un ruolo così impegnativo, mentre Alessandro Preziosi nei momenti difficili non convince del tutto. Anche salvando con una sufficienza risicata Barbara Bobulova, possibile che tutti questi attori siano  diventati incapaci all'improvviso? Molto più semplice pensare che siano stati diretti male.

Insomma, adesso i mass media si scateneranno esclusivamente sul discorso politico e sulle polemiche relative a questo periodo storico. Purtroppo, il vero problema è che il nostro cinema (in questi caso, fiction) non riesce a raccontare efficacemente delle storie così potenzialmente importanti e che potrebbero dar vita ad opere magnifiche. Ed è questo l'autentico dramma...

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