Il sacro male: la recensione
La nostra recensione di Il sacro male, horror spirituale che si appoggia spesso a soluzioni scontate
Il sacro male (guarda il trailer), film di debutto del produttore e sceneggiatore di lungo corso Evan Spiliotopoulos e tratto proprio da Shrine, esce quarant’anni dopo il romanzo: il mondo è cambiato, le fake news sono il nostro pane quotidiano, qualsiasi cosa ti succeda davanti alla faccia può venire diffusa istantaneamente in tutto il pianeta se hai una connessione internet a disposizione. Ci sarebbe tanto materiale per una rilettura in chiave moderna di quella che è di fatto una classica storia di fantasmi cattivi, e invece quello che abbiamo è un horror discreto in termini di tensione generata e di messa in scena, ma per il resto tremendamente blando e generico. Competente, senza dubbio: non può essere solo colpa della pandemia e della mancanza di concorrenza se Il sacro male sta incassando alla grande da quasi due mesi, almeno negli Stati Uniti. Ma tutto sommato innocuo, ed è una delle cose peggiori che si possano dire a un film horror.
Alice è la debuttante Cricket Brown, e segnatevi il suo nome perché andrà lontano: riesce nell’impresa di interpretare un personaggio che sente letteralmente la Madonna che le parla, e vive dunque in una costante estasi religiosa, senza mai lasciarsi andare all’overacting o all’espressione perennemente basita che sarebbe facile associare a una persona che, lo ripetiamo, sente letteralmente la Madonna che le parla. Ovviamente la supposta Madonna potrebbe non essere quello che sembra: Il sacro male si apre con l’inevitabile flashback a un paio di secoli prima, e mette subito in chiaro che quella che parla ad Alice non è la vergine Maria, ma lo spirito di una strega bruciata sul rogo.
È curioso poi che un film di spettri prodotto anche da Sam Raimi riesca a essere così languido e quasi rilassato, con un ritmo glaciale e rarissimi guizzi di regia; è come se Spiliotopoulos provasse a inseguire il respiro del romanzo, ma si trovasse costretto dentro le quattro mura dei 90 minuti dell’horror religioso/di possessioni. C’è tanto contorno oltre alla coppia Gerry/Alice: la gente del posto, gli immancabili investigatori vaticani mandati per certificare il miracolo (tra cui spicca un irriconoscibile Cary Elwes), la scettica dottoressa del paese che rimane sconvolta quando Alice recupera la sua voce... il problema è che nessuno di questi elementi contribuisce granché al cuore del racconto, ma distrae: Il sacro male vuole a tutti i costi fare paura, ma paradossalmente funziona meglio quando racconta la vita in un paesino sperduto, e si sgonfia quando deve farci saltare dalla sedia.
Cosa ne pensate? Ditecelo nei commenti dopo aver visto il film!