Il sabba, la recensione

Il processo alle streghe è ne Il sabba l'efficace e potente messa in scena di un delirio maschile dettato dalla paura che, grazie all’intelligenza femminile, diventa uno spazio di pura ri-definizione di personaggi femminili

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Il sabba, la recensione

La paurosa vitalità femminile, tacciata di stregoneria, è la protagonista inquietante e attraente de Il sabba di Pablo Agüero. Partendo dalla storia dell’inquisizione basca del XVII secolo, con grande intelligenza e senza rinunciare alla fedeltà della ricostruzione, Il sabba mette da parte la solita narrazione dell’ossessione maschile per il demoniaco nella donna per concentrarsi, con grande finezza, sulla riappropriazione tutta femminile - e dialogica - delle accuse, a partire dalle quali le protagoniste scopriranno la loro forza più grande: quella dell’autodeterminazione.

In un piccolo villaggio basco, nel 1609, l’arrivo dell’inquisitore Rotegui (Alex Brendemühl) causa l’immediato arresto di sei giovani ragazze, accusate di stregoneria per avere cantato e ballato nel bosco. Rinchiuse in una cella e interrogate a turno per giorni, le ragazze si dichiarano innocenti. Quando però Ana suggerisce di prendere tempo per attendere il ritorno degli uomini dal mare, le ragazze decidono insieme di confessare di essere streghe, spiegando a Rostegui il sabba e convincendolo ad assistere lui stesso al rito.

Muovendosi tra gli spazi angusti e semibui della cella e della stanza dell’interrogatorio, Agüero sceglie la via del totale realismo e del naturalismo fotografico, fatto di fioche luci di candele e chiarori di luna; la vicinanza registica agli sguardi e ai gesti degli attori, rivelatori insieme di speranze e nervosismi, fa dispiegare con forza la potenza di una storia basata tutta su dialoghi e impercettibili tensioni. La scelta di Agüero si rivela vincente e giusta per il suo obiettivo: concentrandosi infatti sulle parole e su un continuo pensare e ripensare dei personaggi su quello che viene detto (e sul come devono dirlo) Il sabba riesce a tirare fuori la contraddizione terminologica e poi moralista che gli uomini provano trovandosi di fronte alle giovani donne. L’inquisitore Rotegui vuole sapere ogni dettaglio, fa trascrivere tutto, lo fa re-inscenare, senza accorgersi però dell’inganno che viene imbastito per raggirarlo e che lo rende ridicolo. Dando infatti ragione agli inquisitori per salvarsi la vita, Ana e le altre fanno diventare l’interrogatorio un gioco, e ammettendo fatti totalmente inventati spingono Rotegui verso un’ossessione che è, stavolta, totalmente reale.

Il processo alle streghe, fuor di metafora, è in Il sabba la messa in scena di un delirio maschile dettato dalla paura che, grazie all’intelligenza femminile, diventa uno spazio di pura ri-definizione, di appropriazione della propria storia. Completamente lontano dalle suggestioni horror e soprannaturali di The Witch di Robert Eggers, Il sabba si vota completamente al possibile, lasciandosi però andare a un unico dubbio finale, insoluto e probabilmente metafisico, che è forse l’unica cosa che rovina la credibilità fino a prima costruita - un passaggio di toni che sembra più rivelare una paura di prendere posizione che una scelta autoriale coerente.

Cosa ne dite della nostra recensione di Il sabba? Scrivetelo nei commenti dopo aver visto il film!

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