Il robot selvaggio, la recensione: un'avventura familiare con un cuore di metallo
Chris Sanders porta sul grande schermo Il robot selvaggio, un'avventura animata che esplora il delicato rapporto tra natura e tecnologia
Chris Sanders l'ha rifatto: ha di nuovo creato un ottimo cartoon con elemento estraneo che precipita in un ambiente che potrebbe rifiutarlo. Lo fece ai tempi di Lilo & Stitch (2002) per la Disney e Dragon Trainer (2010) per la DreamWorks, sempre in coppia con il sodale Dean DeBlois.
Tutto ciò è interessante, un pizzico spaventoso ma messo in secondo piano (per il sequel?) perché l'obiettivo de Il robot selvaggio è un family movie molto caldo di incontro tra il robot “Roz” e il pulcino oca Beccolustro (Brightbill, in originale). Riusciranno a essere madre e figlio? Metteteci dentro pure una volpe furbastra (punto di riferimento: Nick Wilde di Zootropolis, a sua volta rubato al Robin Hood animato del 1973), un castoro non rancoroso, una mamma opussum e un orso dal cuore d'oro ed ecco un buon film sulla famiglia fantascientificamente allargata modello Il gigante di ferro (1990). Si punta al sentimento in modo efficace. Ma c'è tutto un sottotesto terrificante (dove siamo noi umani? Universal Dynamics da chi è governata? In che contesto geografico ci troviamo rispetto al vecchio Pianeta Terra?) che il film di Sanders non vuole affrontare. Per ora.